Lavoratori in nero al Jova Beach Party? Sul web scoppia la polemica, Jovanotti rompe il silenzio e svela come stanno davvero le cose
Jovanotti è finito di nuovo al centro della bufera. Di recente si era parlato di un impatto ambientale negativo sulle spiagge causato dal Jova Beach Party, questa volta si parla invece di presunti lavoratori in ‘nero’. Il noto cantante per i suoi pazzeschi concerti sulla spiaggia ha davvero assunto lavoratori non in regola?
Dopo aver appreso di essere stato nuovamente attaccato e criticato l’amatissimo cantante ha deciso di rompere il silenzio per fare chiarezza sulla questione. A quanto pare in seguito ad un controllo ai cantieri l’ispettore avrebbe scoperto che 17 facchini non erano in regola, ciò avrebbe causato la sospensione della loro attività.
Tramite una diretta Instagram fatta insieme all’organizzatore del Jova Beach Party, Maurizio Salvatori, Jovanotti ci ha tenuto a precisare che i due lavorano insieme dal 1988, senza mai violare le leggi del lavoro. Salvatori ha spiegato che dopo tre anni di Covid è sempre più difficile trovare persone che siano disposte a lavorare perché la metà dei facchini specializzate ha cambiato lavoro. A loro per gli eventi in spiaggia ne servono 700, per ogni tappa devono farli arrivare anche da 300 km di distanza con 7-8 società.
L’organizzatore del noto evento, tra le varie cose’, ha precisato: “Non esiste che al Jova Beach ci sia un lavoro in nero. Al massimo abbiamo avuto qualche infrazione formale.“
Il musicista e Salvatori hanno poi chiarito che si è solamente trattato di una mancata comunicazione da parte di alcune delle società, dopo un risarcimento del danno però la situazione si è subito sistemata. Tutto è risultato a norma nel giro di sole 12 ore, infatti anche i 17 lavoratori che non erano ‘in regola’ stanno tranquillamente lavorando.
Jovanotti si è poi scagliato contro le agenzie stampa che hanno diffuso la notizia alle sette del pomeriggio, negandogli in questo modo la possibilità di replicare alle accuse. In merito a ciò ha infatti detto: “È un messaggio, un killeraggio, un modo per provare a farti male.“
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