Il Wall Street Journal lancia delle accuse contro Facebook. Le policy del social farebbero troppo poco per contrastare la diffusione d’odio.
Non c’è pace per Mark Zuckerberg che, dopo il black-out social delle settimane scorse deve rispondere ad alcune pesanti accuse. Infatti il Wall Street Journal avrebbe preso di mira proprio Facebook. Il noto quotidiano a stelle e strisce ha cavalcato l’onda sollevata dalle rivelazioni di Frances Haugen, ex dipendente del colosso blu. Infatti i potenti algoritmi non riuscirebbero ad identificare bene i contenuti che inneggiano all’odio.
Inoltre seppur riescano a rintracciare questo tipo di post non li censurerebbero. Infatti i post di dubbio gusto viene semplicemente mostrato meno dal social, con la conseguenza che l’autore non viene punito dalla piattaforma. Secondo le ricerche, la percentuale di rimozione dei post che inneggiano all’odio è troppo bassa per poter considerare efficaci tutti i sistemi di blocco utilizzati dall’applicazione.
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Secondo quanto riportato dal Wall Street Journal, Facebook avrebbe deciso addirittura di ridurre gli investimenti (soprattutto in termini di impegno dei revisori in carne ed ossa) sul contenimento dei post incriminati (rimozione o minor visibilità) e sui relativi reclami. Tutto ora sarebbe nelle mani di un intelligenza artificiale chiamata Deep Vision. Questa IA però avrebbe eliminato solamente il 2% dei post che inneggiavano all’odio presenti sulla piattaforma. Inoltre sarebbero stati introdotti strumenti atti a disincentivare (o filtrare) i reclami da parte degli utenti.
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Ovviamente la risposta di Facebook non si è fatta attendere. Infatti stando al colosso la presenza di post che incitavano all’odio si è dimezzata rispetto all’ultimo anno. Secondo un grafico pubblicato dall’azienda, si è passati da 10 a 5 post di questo tipo per ogni 10mila utenti. Inoltre il VP del colosso, Guy Rose, ha rivelato che il vero problema non è tanto eliminare i contenuti di incitamento all’odio o violenti, quanto fare in modo che vengano visualizzati il meno possibile. Inotlre secondo Rose i dati del WSJ non sono corretti e per far entrare in funzione correttamente l’intelligenza artificiale ci vogliono diversi anni.
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