Mark Zuckerberg è di nuovo sotto accusa. Questa volta sono gli azionisti di Facebook a muovere pesanti critiche.
Il fondatore di Facebook e amministratore delegato Mark Zuckerberg finisce di nuovo nella bufera. Il tutto risale allo scandalo Cambridge Analytica, sorto nel 2019. Allora i dati degli utenti dei social network finirono in pasto alla società di consulenza britannica, che li sfruttò illegalmente per influenzare le campagne elettorali.
Nel mezzo della bufera finì anche Zuckerberg, accusato di conoscere la falla ma di non essersi attivato per sistemarla. Come riporta Politico citando gli azionisti del noto social network, “Zuckerberg, Sandberg e altri dirigenti hanno concordato l’autorizzazione di un accordo multimiliardario con la Federal Trade Commission per proteggere il ceo dall’essere citato nella denuncia, soggetto a responsabilità penale o addirittura obbligato a rilasciare una deposizione“.
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Secondo le informazioni diffuse la FTC avrebbe chiesto una cifra di 106 milioni di dollari come sanzione, ricevendo dalla società 5 miliardi al fine di non coinvolgere il consiglio di amministrazione in nessuna indagine. Due commissari affini al Partito Democratico avrebbero espresso un parere negativo all’accordo. Secondo loro non si sarebbe arrivati al risultato desiderato, ossia costringere Facebook ad una maggiore tutela della privacy dei suoi utenti.
“Il Consiglio non ha mai operato un serio controllo sull’autorità illimitata di Zuckerberg. Lo ha invece difeso, pagando miliardi di dollari presi dalle casse aziendali di Facebook, per permettergli di nascondere i suoi problemi” affermano gli azionisti. Nella documentazione depositata presso un tribunale del Delaware gli azionisti parlano anche di PricewaterhouseCoopers. Quest’ultima avrebbe dovuto verificare la conformità del rispetto delle norme sulla privacy da parte del social network nell’ambito di un accordo stretto con la FTC nel 2012.
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Ebbene, secondo gli azionisti né Zuckerberg né Sandberg avrebbero accettato di sottoporsi all’intervista di PwC. Anche gli altri dirigenti non hanno potuto rilasciare dichiarazioni veritiere sulle pratiche della società. Il Consiglio di Amministrazione, infine, non ha mai ricevuto copie degli audit della società britannica.
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