La parola fine sull’omicidio di Gennaro Cesarano è ancora lontana. Per la Cassazione il processo è da rifare.
Per capire cosa sia successo a Gennaro Cesarano, detto Genny, bisogna tornare alla notte tra il 5 ed il 6 settembre del 2015. Nei pressi di piazza Sanità un commando di quattro uomini eseguì una stesa, un agguato con armi da fuoco nei confronti del clan rivale. A farne le spese da vittima innocente fu anche il 17enne, che si trovava proprio nei pressi della zona.
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Per la sua morte si sono celebrati due processi. Il primo nel 2015 ha condannato all’ergastolo Antonio Buono, Luigi Cutarelli, Ciro Perfetto e Mariano Torre. Quello d’Appello si conclude l’11 luglio 2019: questa volta l’ergastolo è confermato solo per 3 dei 4 imputati. Torre infatti aveva deciso di collaborare con la giustizia, inviando anche una lettera di scuse alla famiglia, ottenendo uno sconto di pena a 16 anni di reclusione.
Omicidio Cesarano, chi ordinò la ritorsione al clan rivale
Ad ordinare questa stesa fu Carlo Lo Russo, ex boss dell’omonimo clan ed ora collaboratore di giustizia. Anche lui è stato condannato a 16 anni di reclusione. Ordinò ai quattro di uccidere nello specifico Antonio Mazzarelli, Dario Mattei, Raffaele Terracino e Giuseppe Ferraiuolo che contendevano gli affari illeciti nella medesima zona. Invece a farne le spese è un giovane ragazzo, “colpevole” di essersi seduto sulla panchina della piazza.
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Ora la Cassazione ha rinviato il processo ad un’altra sezione della Corte d’Assise D’Appello di Napoli. Per il momento quindi le pene sono sospese, in attesa che si apra di nuovo il dibattimento. L’avvocato di uno dei difensori, Enrico Di Finizio, commenta così la vicenda: “La strategia del collegio difensivo è stata finalmente presa in considerazione. Era evidente che l’uccisione di Cesarano fosse eseguito nell’immediatezza di una stesa e non fosse invece opera di un piano premeditato”. Resta ora da capire come i giudici riformuleranno le condanne per gli imputati.