Potrebbero esserci novità importanti per il Bitcoin. La moneta virtuale è oggetto di una modifica che coinvolge gli istituti di credito.
Il Bitcoin resta la valuta leader nel campo delle cryptomonete. Intorno a questa moneta c’è molto movimento. Dapprima la Cina ha bandito ogni tipo di trading, andando quindi a spegnere un fiorente mercato. Dall’altra c’è la proposta del Comitato di Basilea, dal quale arrivano segnali contrastanti. L’organizzazione, composta dai dieci governatori delle banche centrali dei paesi più sviluppati al mondo, starebbe infatti analizzando l’espandersi della moneta nei portafogli degli utenti.
Per questo Stefan Ingves, a capo del comitato e rappresentante della Banca di Svezia, vorrebbe imporre agli istituti di accantonare un dollaro per ogni dollaro in Bitcoin od altre cryptovalute. Una richiesta che imporrebbe quindi dei nuovi requisiti patrimoniali per le banche, che in questo momento aspettavano una risposta dalla BCE. In questi giorni infatti si paventava l’idea di una riduzione dell’intervento nell’economia. Christine Lagarde, a capo della Banca Centrale Europea, è però di diverso avviso e ha rimandato il tutto a data da destinarsi.
Bitcoin, quale scenario per le banche e istituti di credito
La scelta di irrobustire il proprio patrimonio vede concordare anche Philippe Donnet. Il numero uno di Generali si è smarcato dall’investire in questo campo, dato che lo ritiene ancora troppo rischioso. Ovviamente maggiori sono gli accumuli di moneta virtuale maggiore sarà la somma che ogni istituto dovrà procurarsi. I mercati hanno risposto bene, anche è difficile dire se questa scelta legittimi o voglia ostacolare la crescita delle cryptovalute.
Nel frattempo la moneta virtuale si riprende dopo la decisione del governo di Pechino di metterla al bando sul territorio cinese. Attualmente il suo valore si attesta sui 37mila dollari, grazie anche alla recente decisione di El Salvador. Il piccolo stato centroamericano ha deciso infatti di affiancare il Bitcoin alla propria moneta fisica, il dollaro americano. Dopo aver adempiuto le pratiche burocratiche, richieste anche dal Fondo Monetario Internazionale, potrebbe essere il primo stato ad adottare tale decisione.
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