Tarcisio Burgnich, l’ex calciatore e allenatore si è spento in Versilia dove viveva da anni. Il mese scorso aveva compiuto 82 anni
Un altro pezzo del calcio che fu se ne va. È morto Tarcisio Burgnich, difensore della grande Inter di Herrera e della Nazionale italiana a cavallo tra gli anni ’60 e ’70. Era nato a Ruda, in provincia di Udine, nel 1939 e lo scorso 25 aprile aveva compito 82 anni. Gli ultimi anni di carriera da giocatore li ha trascorsi al Napoli, dal 1974 al 1977, giocando 89 partite.
Ma è con l’Inter che ha scritto la storia e ha legato il suo nome. Con i nerazzurri ha giocato dodici stagioni, dal 1962 al 1974, vincendo due Coppe dei Campioni consecutive, nel 64′ e nel ’65. In quegli stessi anni anche tre scudetti, nel ’63, ’65 e ’66 e l’Europeo con la Nazionale – l’unico dell’Italia – nella finale della monetina a Roma nel 1968.
Burgnich è stato uno dei protagonisti della squadra di Valcareggi e del mondiale del 1970. Era in campo in quella famosa semifinale a Città del Messico vinta contro la Germania per 4-3 ed era il marcatore di Pelè quando il brasiliano in finale segno quel favoloso gol di testa dove sembrò che rimase sospeso in aria.
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Fu il suo compagno di squadra Armando Picchi a soprannominarlo la Roccia. A lui si ispirarono molti difensori che fecero della marcatura a uomo una peculiarità, da Claudio Gentile a Pietro Vierchowod. Cresciuto nelle giovanili dell’Udinese, dal Friuli si trasferì a Torino alla Juventus. Rimase un solo anno, poi andò al Palermo prima di andare a scrivere la storia con l’Inter.
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Il suo principale ruolo era terzino ma giocò molte volte anche da centrale (stopper come si diceva all’epoca) e libero. A lui venivano affidati gli attaccanti avversari più temibili come Pelè. Quando smise di giocare cominciò ad allenare quasi subito: Livorno, Catanzaro, Bologna, una lunga carriera dal 1978 al 2001, l’anno nel quale si ritirò dopo l’esperienza con il Pescara.
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