Rapinatore morto a Napoli, i genitori del giovane Ugo Russo si incatenano ai cancelli per chiedere cosa sia successo quella notte del 2020
Questa mattina un uomo e una donna si sono incatenati alle ringhiere del Tribunale di Napoli per protestare. Sono i genitori di Ugo Russo, il ragazzo di 15 anni che nei pressi del lungomare partenopeo perse la vita durante un tentativo di rapina nella notte tra il 29 febbraio e il 1 marzo 2020.
Il giovane provò a rapinare un 23enne, un carabiniere in borghese. Sono passati 14 mesi e i genitori del ragazzo chiedono “verità e giustizia” com’è scritto sui cartelli che hanno appeso al collo nella manifestazione di protesta. Non solo i genitori chiedono di fare pienamente luce su quanto successo quella notte ma anche gli attivisti del Comitato Verità e Giustizia per Ugo Russo che in una nota denunciano la mancata pubblicazione degli esame autoptici.
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In compagnia dei genitori c’è anche il Comitato che nel proseguo nella nota chiede di sapere se quella notte fu “applicata una pena di morte senza processo” perché tre furono i proiettili che colpirono il ragazzo di cui uno alla nuca.
La notte del delitto Ugo, cresciuto nei Quartieri Spagnoli, era a bordo di un motorino con un complice in via Generale Orsini. Aveva una pistola giocattolo e aveva individuato l’oggetto da sottrarre, un orologio Rolex, e l’uomo designato a diventare vittima di furto era un carabiniere in borghese.
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È passato più di un anno dal delitto e varie sono state le manifestazioni e le iniziative, anche online, dove si è chiesto di fare presto nel processo e dar emergere la verità su quanto accaduto quella notte. A queste iniziative ha preso parte anche l’attore e registra teatrale Ascanio Celestini che ha manifestato fianco a fianco con la famiglia Russo. In questo tempo ci sono state anche polemiche per i murales di Russo e dei Luigi Caiafa, anche lui giovane morto per mano delle forze dell’ordine nel tentativo di compiere una rapina.
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