Via Francesco Caracciolo, chi era l’uomo al quale è intitolato uno dei luoghi simboli di Napoli. La sua storia
Via Partenope, via Caracciolo, via Mergellina: il lungomare di Napoli è uno dei posti più belli d’Italia e fotografati da residenti e turisti di tutto il mondo. Quel lungo tratto di strada ha vari nomi. Dove sorge il Castel dell’Ovo sull’isolotto di Megaride è intitolata alla sirena Partenope perché secondo la leggenda fu lì che morì, cantando, per amore di Ulisse.
Molti si chiedono invece perché il proseguo del lungomare sia intitolato a Francesco Caracciolo. Chi era questo personaggio? La sua storia e la sua triste morte è legata alle vicende della Repubblica Napoletana del 1799.
Nato nel 1752 da una nobile famiglia, aveva intrapreso la carriera in Marina. Aveva giurato fedeltà ai Borbone che difese in mare quello che all’epoca era il più grande regno della penisola italiana per estensione territoriale.
A trent’anni divenne Tenente di vascello e l’anno successivo, nel 1793, accanto alle navi dei regni di Sardegna, Gran Bretagna e Spagna, prese parte all’assedio di Tolone, un evento militare della Rivoluzione francese e della Prima repubblica dopo la cacciata dei re di Francia.
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Gli eventi transalpini travolsero tutta l’Europa. A entrare nella mente e nei cuori dei sudditi di altre nazioni furono le idee professate a Parigi, accompagnate poi dalle truppe che invasero quasi tutto il continente.
Tra le varie “Repubbliche sorelle”, oltre a Roma nacque anche a Napoli. Il regno dei Borbone non rimase immune dalla idee rivoluzionarie, segnando anche il destino di Caracciolo.
Francesco Caracciolo, dalla sconfitta contro i Giacomini alla guerra a loro fianco
Il 5 dicembre 1798 a Civita Castellana, vicino Viterbo, avvenne la nota battaglia tra le truppe Giacobine romane e la coalizione antifrancese. In questa c’era anche Napoli e alla fine delle ostilità ebbero la meglio i Giacobini della Repubblica Romana.
Napoli era in pericolo e dopo qualche settimana Ferdinando IV e sua moglie Carolina fuggirono a Palermo. Caracciolo non era favorevole a questa decisione ma obbedì e scortò i reali a bordo della nave Sannita. Erano gli ultimi giorni del 1798 e quello sarebbe stato anche l’ultimo inverno vissuto da Caracciolo.
Nel gennaio nel 1799, il fatidico anno, ebbe il permesso di rientrare a Napoli per alcune faccende personali. In città il clima era cambiato, le idee e le lotte dei Giacobini avevano invaso anche Napoli e qualcosa cambiò anche in Francesco Caracciolo.
Proprio in quei giorni, il 22 gennaio, fu proclamata la Repubblica Napoletana. Anche molti aristocratici ormai sposarono le nuove idee con la propaganda filo-repubblicana che insisteva sul tradimento del re con la fuga a Palermo.
Fu così che Caracciolo si schierò con loro, in contrasto ai Borbone e agli inglesi. L’esperienza repubblicana durò però solo sei mesi. Tra i vincitori i cosiddetti Sanfedisti, l’esercito della Santa Fede guidati dal cardinale Fabrizio Ruffo.
I patti prevedevano che Francesco Caracciolo, che nelle sue battaglie arrecò molti danni agli inglesi, sarebbe rimasto illeso. Ma il generale britannico Nelson (l’uomo che l’anno prima aveva bloccato Napoleone in Egitto, oggi uno degli eroi della storia inglese), non rispettò gli accordi.
Caracciolo, che si ritirò nel suo palazzo a Santa Lucia, il 29 giugno 1799 fu prelevato e processato, condannato all’ergastolo. La pena fu però commutata in condanna a morte e dopo l’impiccagione il suo corpo fu abbandonato in mare.
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Dopo qualche giorno re Ferdinando rientrò a Napoli e in mare ‘incontrò’ il cadavere di Caracciolo, riemerso dalla acque. Si dice che il sovrano fosse superstizioso e decise così di rendergli una degna sepoltura nella chiesa di Santa Maria della Catena, proprio a Santa Lucia, a due passi dal lungomare Caracciolo.
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