Super Lega, si sono scatenate polemiche per la nuova competizione. È necessaria? Quali sono i motivi dei club
Da domenica sera il mondo dello sport e del calcio in particolare ha monopolizzato l’attenzione su di sé per la questione della Super Lega, attirando così tanto l’opinione pubblica tanto da spostarla addirittura dal Covid.
È chiaro che l’idea di una competizioni di pochissimi che ha fini chiaramente economici non piace a nessuno. I primis ai tifosi che dovrebbero essere l’anima di questo sport (condizionale d’obbligo, ormai da anni), ma non piace neanche a capi di governo, si quelli politici che sportivi.
Così si distrugge il calcio, si dice, che da sport praticato anche nell’angolo più remoto del mondo con mezzi di fortuna, diventa solo una macchina di soldi, un’affare tra pochi per dividersi molti soldi. L’accusa principale è soprattutto quello di svuotare lo sport dallo spirito di inclusione, solidarietà e competitività, togliendolo soprattutto il suo carattere popolare.
Ma perché è stata pensata questa nuova competizione? Oggi Florentino Perez, il presidente del Real Madrid, ha spiegato che se non guadagnano i top club d’Europa che vogliono iniziare questa avventura, muore tutto il calcio, ad effetto domino.
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Super Lega, i motivi “semiseri” del Sole 24 Ore
Sempre oggi Il Sole 24 Ore ha elencato “dieci motivi semiseri, alcuni buoni altri meno, per dire che la Superlega è un’idea non del tutto sbagliata”, con la premessa che è migliorabile.
Superlega, 10 ragioni per cui è una buona idea https://t.co/QLbo9DvG16 pic.twitter.com/4PbffgpkD9
— IlSole24ORE (@sole24ore) April 20, 2021
Il quotidiano elenca i dieci punti partendo dal fatto che “il calcio l’unica industria indiscutibilmente leader globale rimasta in Europa” e che bisogna dargli la giusta dimensione, così come il campionato italiano si allargò dalla disputa in una sola città, Torino, per una sola giornata, fino a diventare prima una faccenda regionale e poi nazionale.
Al secondo punto viene ricordata l’importanza delle regole e del famoso caso Catania che infiammò l’estate 2003 e che per un punto in classifica si arrivò ad allargare il campionato di Serie A e B.
Nel terzo c’è una stoccata al governo del calcio, dalle federazioni nazionali alla Fifa che non sono sempre state impeccabili. Non esistono più i ricchi di una volta è il ‘titolo’ del quarto punto dove si spiega che oggi non ci sono più presidenti-tifosi disposti a svenarsi per portare avanti le proprie squadre e che c’è bisogno comunque di soldi, molti soldi.
C’è poi la giustificazione che le categorie sono sempre esistite ed è giusto che le più grandi facciano un campionato loro, anche se è discutibile il merito per censo e non per titoli sportivi, ricordando che in questo caso il quarto club sarebbe il Genoa che vanta nove scudetti.
Nel sesto punto si ricorda che qualcosa di simile esiste nel basket, l’Eurolega, e che funziona bene, mentre nel successivo si parla dell’importanza – può piacere o no – delle televisione che non solo portano soldi a chi investe ma anche comodità ai tifosi che possono seguire tutto.
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Nell’ottavo punto si ricorda che i campionati nazionali restano e che le squadre piccole possono battere le regine d’Europa. Negli ultimi due punti si parla degli interventi dei politici di ieri, invitati a pensare ad altro, mentre dell’ultimo si profetizza che alla fine il progetto si farà: “Bayern Monaco e Paris, le uniche big riottose entreranno nella Superlega. Leghe e Federazioni abbozzeranno”, magari in cambio dei soldi vista la situazione finanziaria in cui versano.