Ercolano si chiamava Resina poi ci fu il cambio, perché? Molti confondono ma oggi c’è ancora tanto del vecchio nome
Chi è stato giovane nei decenni ’70 e ’80 almeno una volta si è recato al mercato degli stracci a Resina. Anche negli anni ’60, ragazzi nati gli ultimi anni di guerra o immediatamente dopo, hanno respirato l’aria del grande assortimento degli abiti usati e non. Una sorta di centro commerciale dell’abbigliamento – ma non solo – a cielo aperto, quando le grandi strutture per lo shopping in Italia muovevano i primi passi.
Molti ricordano le domeniche mattina per raggiungere Ercolano, ai piedi del Vesuvio, con le prime corse della Circumvesuviana. Si andava con borsoni vuoti e con poche migliaia di lire si tornava a casa con i guardaroba per l’intera stagione. Qualcuno diceva di andare a Resina, altri a Ercolano, altri ancora (di solito gli stessi ercolanesi) a Pugliano, dal nome della via che porta alla Basilica della Madonna di Pugliano, una delle più antiche della Campania.
In effetti nessuno sbagliava. Ancora oggi in riferimento al mercato o alla città si usano entrambi i nomi e ciò a volte crea confusione. Dal 1969 la città si chiama Ercolano, riprendendo l’antico e prestigioso nome di Herculaneum, la città sede delle vacanze dei patrizi romani e distrutta insieme a Pompei dall’eruzione del Vesuvio nel 79 d. C.
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La città ha infatti origini mitiche. Secondo Dionigi di Alicarnasso fu fondata da Ercole di ritorno da una delle sue fatiche. Aveva sottratto all’orrendo re Gerione la sua mandria di buoi. All’eroe greco serviva un posto per pascolare gli animali; com’è noto le terre vulcaniche e tirreniche sono molto fertile ed Ercole fondò l’odierna Ercolano. Ammirando oggi il panorama dal piccolo molo borbonico, la città è esattamente al centro tra Punta Campanella, a Sorrento, e Capo Posillipo, a Napoli, con il Vesuvio alle spalle.
Un posto dunque circondato da tante bellezze, come le proprie. La storia e la natura ha donato alla costa vesuviana e a Ercolano luoghi unici al mondo. Ma perché nel 1969 la città cambiò nome, e perché prima si chiamava Resina?
Il vecchio nome resta ancora un mistero e varie sono le ipotesi. Città etrusca, greca, sannita e infine romana, dopo l’eruzione non si hanno più notizie. La città scomparve ed è probabile che durante l’alto Medioevo ciò che rimase del territorio fu teatro di guerre tra le diverse popolazioni che nei secoli sono passate sul suolo italico.
Le prime notizie si hanno attorno all’anno Mille. Si cominciò a indicare quel luogo come Resina forse a causa di Rectina, patrizia romana cui Plinio il Vecchio andò in soccorso durante l’eruzione. Non è escluso che il nome fu dovuto dalla Rèsina sprigionata dagli alberi nati dopo l’eruzione. Ma c’è anche l’ipotesi di Resina come anagramma di Sirena, simbolo della città anche ancora oggi è possibile vedere in capo al portone d’ingresso del palazzo comunale: una sirena con due code legata al mito di Partenope.
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Nel 1967 assessore allo sport e al turismo era Alfonso Negro, ex calciatore di Napoli, Fiorentina ed Ercolanese, la squadra di calcio locale fondata nel 1924 con il colore granata che richiamava al Rosso pompeiano degli scavi. Negro fu anche campione olimpionico a Berlino nel 1938 e promotore del cambio di nome per questioni turistiche. In molti andavano a Resina per il mercato degli abiti usati – nato anche come “panni americani” lasciati dalle truppe Alleate e rivendute dai poveri del posto che si industriarono come commercianti – e per gli scavi archeologici, invece, cercavano solo le antiche rovine di Pompei, confondendole spesso come un tutt’uno con quelle dell’antica Herculaneum.
Nel 1963 il grande giornalista Sergio Zavoli realizzò un reportage sul noto mercato.
Due anni dopo la delibera della giunta, il consiglio comunale nel febbraio 1969 deliberò il cambio del nome e Francesco Scognamiglio passò dall’essere l’ultimo sindaco di Resina al primo di Ercolano. L’anno successivo anche il Presidente della Repubblica Giuseppe Saragat appose la sua firma.
Ma il vecchio nome non è mai stato abbandonato. Il mercato del vintage, come detto, viene indicato così anche per la Coop Resina organizzata dai commercianti (tesoro per costumisti che scenografi da tutta Italia per l’innumerevole materiale che si può trovare oltre i vestiti), ma il corso Resina è una delle vie principali della città. È lì infatti che sorge il favoloso Miglio d’Oro, la strada che collega Napoli fino al Sud, in Calabria, costellata da favolose Ville Vesuviane. Con il nome di Resina, invece, la strada si chiamava corso Ercolano.
Era il 1710 quando un contadino che le cronache ricordano con il nome di Gioacchino Enzechetta cadde nel suo pozzo e si trovò catapultato indietro di millenni finendo nell’antico teatro di Ercolano il cui ingresso oggi è a pochi metri dalla porta principale degli scavi. A Napoli e nei territori circostanti c’erano gli austriaci il conte d’Elboeuf (nome della villa che sorge al porto del Granatello nella vicina Portici) avviò i primi scavi e ci furono anche i primi trafugamenti.
Fu con i Borbone che cominciò la grande campagna degli scavi. Ercolano (anzi, Resina) divenne meta di studiosi come Amedeo Maiuri (oggi a lui sono dedicati parchi e palazzi e ville vesuviane in città) a Gioacchino Winckelmann. Con la costruzione della Reggia di Portici nel ‘700 (sede di esposizione dei primi ritrovamenti di Ercolano), la nobiltà costruì non lontano dal Palazzo reale la propria villa che più era vicina e più dava prestigio alla famiglia.
Fu così che nacque il Miglio d’Oro. Favolose strutture come Villa Campolieto e Villa Favorita con lo splendido parco sul mare, e l’accesso al cono del Vesuvio, fecero di Ercolano sede del Grand Tour lasciando abbacinati i ricchi aristocratici che raggiungevano i piedi del Vesuvio da ogni parte d’Europa.
Un luogo che ispirò anche artisti come i pittori della Scuola di Resina – nel filone dei Macchiaioli – e Renato Carosone che inserì il nome della città in Maruzzella, una delle sue più belle e famose canzoni.
E chi mo canta appriesso a me?
Ohé
Pe’ tramente
S’affaccia ‘a luna pe’ vedé!
Pe’ tutta ‘sta marina
‘A Pròceda a Resína
Se dice: Guarda llá
Na femmena che fa!ia per il futuro.
Nel 1997 l’ultimo grande riconoscimento alla città vesuviana: le sue rovine e quelle di Pompei entrarono a far parte del Patrimonio Unesco, a ricordo nei secoli passati e a memora futura.
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