Decreto Sostegni, la legge non prevede il criterio del reddito quindi come lo scorso anno anche chi non ha bisogno può fare richiesta
La scorsa estate ci furono polemiche per il famoso bonus di 600 euro per le partite Ive usufruito anche da alcuni parlamentari e consiglieri regionali, in maniera del tutto legittima perché titolari di un’altra attività accanto a quella di deputato o senatore. La vicenda si chiuse con l’Inps che fu multata dal Garante della privacy per 300 mila euro per aver fatto trapelare i nomi dei parlamentati.
Ora la questione potrebbe ritornare attuale. Secondo l’ultimo Decreto Sostegni del governo Draghi, la richiesta di aiuti possono farla anche i titolari di partita Iva che hanno un lavoro dipendente o un reddito da pensione. La legge infatti non vieta a dipendente o pensionati di poter usufruire del bonus.
Com’è scritto il decreto, gli aiuti sono previsti anche a i dipendenti che hanno uno stipendio alto e una partita Iva con la quale non hanno fattura, anche per ragioni non legate alla pandemia. In questo caso se la Partita Iva rientra nei criteri riceverà il sostegno.
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Decreto Sostegni, non si valuta il reddito
Lo scorso anno i primi aiuti di questo tipo furono introdotti a marzo con il decreto Cura Italia del governo Conte per le partite Iva che bloccati dalla pandemia non potevano più lavorare. Per far presto non si era badato molto a reddito e la domanda fu fatta da molti, anche da chi non aveva necessità economica.
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Delle regole c’erano come non ricevere una pensione o il Reddito di Cittadinanza ma erano criteri che non riguardavano il reddito. A destare maggiore scandalo furono gli episodi che riguardarono i notai, rientranti tra le classi più abbienti; molti professionisti di questo settore chiese e ottenne i 600 euro.
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