Selfie, una foto ricordo sul luogo del delitto. Un gruppo di studentesse all’uscita di scuola si ritrova sul luogo di un delitto, davanti ad una fossa in cui, fino a poche ore prima, c’era un cadavere seppellito: cellulare in mano, un “click” e la foto è fatta. La vittima era Vincenzo Amendola, incensurato, era scomparso dal 5 Febbraio e la famiglia per cercare di ritrovarlo si era rivolta anche a “Chi l’ha visto?”. È stato ritrovato proprio a due passi da alcuni istituti e da un parchetto intitolato a Massimo Troisi a San Giovanni a Teduccio, quartiere della periferia orientale di Napoli. Un movente tutto da chiarire e gli investigatori non escludono l’esecuzione di stampo camorrista.
A condire la triste situazione di squallore, però, ci hanno pensato un gruppetto di studentesse che hanno avuto il cattivo gusto di immortalare la scena, probabilmente per inviarla ad amici e parenti o condividerla sui social. Infatti come racconta Marco Sales – il fotoreporter che ha immortalato la scena – a Repubblica “Sapevano benissimo ciò che era successo: siamo arrivati insieme e ho sentito che, fra di loro, dicevano: ora lo fotografo per mandarlo a mia madre”
Ma le ragazze protagoniste di questo episodio non sono le prime – e non saranno le ultime – a scattare la “foto con delitto“.
Questa ragazza è stata massacrata di insulti sui social per aver postato questa foto ricordo che la ritrae con un’automobile devastata dai Black Block a seguito degli scontri di Milano dello scorso anno.
E qualche anno fa a macchiarsi di macabra vanità sono stati protagonisti decisamente meno giovani, a dimostrazione del fatto che non è un problema dei “nativi digitali” o dei giovani “social-dipendenti” . La nave che affonda trascinando con sé tantissime vite e ci si mette in posa per una bella foto ricordo .
La condivisione di un’esperienza sembra essere l’unico modo per assimilarla e renderla reale agli occhi degli altri e questa mania della “social-condivisione” sta diventando la morte del pudore e del rispetto per la vita stessa.