La cornice unica, senza tempo, del Teatro Grande di Pompei ha ospitato sabato 28 e domenica 29 giugno l’ Orestea, la trilogia di Eschilo composta dalle tragedie Agamennone e Coefore-Eumenidi prodotta dalla fondazione Inda, il prestigioso istituto nazionale del dramma antico di Siracusa, di cui quest’anno ricorre il centenario. Due serate speciali che si inseriscono nell’ambito del Forum Universale delle Culture e rappresentano una tappa importante nel Grande Progetto Pompei. Al bando le polemiche, gli scioperi sindacali e i crolli, purtroppo all’ordine del giorno. Il teatro ha riaperto finalmente i battenti dopo un sequestro durato tre anni. E lo ha fatto in grande stile. La serata inaugurale, sabato 28 giugno, ha visto andare in scena l’Agamennone con la regia di Luca de Fusco, accolto da applausi scroscianti che si sono ripetuti anche ieri sera per le Coefore e Eumenidi allestite in un’unica soluzione da Daniele Salvo.
Tra effetti speciali di luci, fumi, e una colonna sonora da kolossal (firmata da Marco Podda), si dipana la saga della famiglia degli Atridi. Una storia di sangue, di passione, e soprattutto di giustizia. Il motore dell’azione è il ritorno in patria di Oreste animato da un disegno criminoso contro gli assassini del padre. Commovente l’incontro tra i due fratelli, uniti da amore e desiderio impetuoso di vendetta. E sarà con la complicità della sorella Elettra e delle Coefore che Oreste vendica con l’inganno la morte del padre, rivolgendo la sua lama prima contro l’usurpatore Egisto e poi contro la madre Clinnestrea. A guidare la mano del matricida è Apollo, verso il cui tempio lo sventurato si avvia dopo aver commesso il duplice delitto, assediato dalla furia delle Erinni. Le creature della notte invocano giustizia per la morte di Clitennestra. Le sorti del figlio di Agamennone a questo punto sono nelle mani di Atena che decide di rimettere il giudizio a un tribunale di cittadini ateniesi che lei stessa istituisce. Oreste verrà assolto dal matricidio e le vendicative Erinni, sedotte e placate dalla dea, diventano le benevoli Eumenidi.
Se negli spettacoli a Siracusa il valore aggiunto sono state le scenografie imponenti di Arnaldo Pomodoro, lo spazio ridotto del teatro pompeiano ha costretto ad un ridimensionamento dell’allestimento che però non ha affatto influito sulla resa dell’opera. L’emozione è palpabile. Si respira spettacolarità. Merito della suggestiva cornice certo, ma anche e soprattutto della bravura di un cast di alto profilo: Ugo Pagliai nel ruolo di Apollo, Elisabetta Pozzi in quello di Clitennestra, Paola Gasmann, un’irriconoscibile Pizia, e poi il vibrante e tormentato Oreste di Francesco Scianna e Melania Giglio (che sostituisce Francesca Ciocchetti) in una intensa e commovente Elettra. Li accompagna un coro nerovestito che riempie la scena di energia e spasmodica gestualità.