Dopo il tanto atteso acquisto da parte dello Stato, oggi la Reggia di Carditello è diventata ufficialmente di proprietà del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo. Alla cerimonia non era presente il Ministro Massimo Bray, l’uomo che ha mantenuto la parola data a Tommaso Cestrone, l’angelo di Carditello morto lo scorso Natale, ma due suoi consiglieri, insieme al Direttore Regionale dei Beni Culturali Gregorio Angelini.
La rinascita. “Per inizio primavera una parte della Reggia sarà fruibile” queste le parole di Angelini. Parole che adesso aspettano di diventare realtà, perché Carditello, insieme a Pompei, è diventato col tempo, inconsapevole testimonianza della cattiva gestione del patrimonio culturale italiano. I fasti della sua regalità erano ormai un lontano ricordo, sostituiti dal degrado, dall’abbandono, dal vandalismo e dall’incuria. Adesso invece sembra che un nuovo corso possa prender vita. Carditello ritornerà al suo antico splendore, almeno questo è l’augurio di tutti.
Al di là delle facili promesse e delle false speranze, Carditello deve diventare il simbolo della rinascita non soltanto di un territorio, ma dell’intera nazione. Oltre Pompei, esiste un universo formato da centinaia di siti che, come la Reggia di San Tammaro, attendono che venga restituita loro la dignità che meritano. Uno sforzo immane, costoso, ma necessario e soprattutto doveroso perché l’italia, il “bel paese” stimato ed apprezzato nel mondo per le sue meraviglie, non può perdere le radici della sua plurisecolare storia, immensamente documentata dalle infinite testimonianze sparse sul territorio o conservate nei musei. Una sfida difficile che vede coinvolti in primis noi cittadini, troppo spesso silenziosi spettatori dello sgretolamento della nostra memoria.
Sul balcone della Reggia sono state issate due bandiere, una dell’Italia, l’altra dell’Europa. Quelle due bandiere devono però essere molto più di due semplici pezzi di stoffa esposti; quelle bandiere devono diventare il simbolo di quella tutela della memoria sancita dall’articolo 9 della nostra Costituzione, alla quale noi tutti dobbiamo contribuire, proprio come ha fatto Tommaso per anni, da solo nel silenzio e nell’indifferenza delle istituzioni.