“Sei stato uno splendido capitano e un grande professionista. E il Napoli resta casa tua“, con queste parole il presidente del Napoli Aurelio De Laurentiis, ha salutato Paolo Cannavaro, passato al Sassuolo con la formula del prestito con diritto di riscatto.
Non c’era più spazio nel nuovo Napoli di Benitez e lui ha preferito andar via. Lo ha fatto in silenzio, in punta di piedi e senza polemiche, accettando l’offerta di un club che come blasone, storia ed ambizioni è lontano anni luce dal club azzurro. Eppure non c’era scelta. Paolo Cannavaro, 33 anni da compiere il prossimo 26 Giugno ha scelto un’altra strada. Di appendere le scarpette al chiodo non ne ha ancora intenzione e nemmeno di stare seduto un’intera stagione in panchina. Lui che, dopo le prime partite ufficiali del Napoli, aveva capito che non avrebbe trovato spazio in quella difesa dal volto nuovo, salvo in casi eccezionali. L’arrivo del brasiliano Enrique poi è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso. Allora in un giorno, ha preso quella decisione che forse meditava da tempo, nonostante le lacrime di Hamsik ed i tentativi di Maggio per convincerlo a restare. Troppo forte la voglia di tornare in campo e dimostrare che a 32 anni può essere ancora competitivo.
Ecco la prima crepa della gestione Benitez, l’allenatore che pubblicamente ha sempre elogiato il difensore napoletano, ma che poi nella concretizzazione dei fatti non lo ha mai preso in considerazione. Una sola occasione, quella nella partita contro la Roma, finita come noi tutti sappiamo. Questione di modulo? Forse. Mancanza di fiducia nelle sue effettive potenzialità? Può darsi. Paolo da titolare inamovibile della difesa a 3 di Mazzarri è passato di colpo a rincalzo nemmeno tanto di lusso della difesa di Benitez. Nel calcio succede anche questo, perché come disse Lavezzi ai tifosi quando andò via d Napoli “nulla dura per sempre“. Eppure Cannavaro non è stato solo il capitano di una squadra. Paolo è stato l’emblema storico di una città della quale era ed è ancora un figlio legittimo, portatore di una fascia da capitano a difesa dell’onore e dell’orgoglio di una napoletanità troppe volte bistrattata ed offesa.
Va via dopo sette anni ed oltre 200 presenze. Cresciuto nel Napoli esordisce in serie B con il club azzurro a 17. Poi l’allontanamento, sulle orme del fratello Fabio. Parma, Verona e poi di nuovo Parma, fino allo storico ritorno all’ovile nel 2006, accettando di ripartire dalla serie B. Da quel momento 7 stagioni consecutive, in un crescendo di emozioni fino alle notti magiche della Champions e della vittoria della Coppa Italia. Resterà viva per sempre nei nostri occhi la sua foto mentre alza al cielo quella coppa, sudata e desiderata.
Avrebbe voluto chiudere la sua carriera a Napoli, ma non in questo modo. Sperava in qualcosa di diverso, ma non è avvenuto. Non sempre i sogni diventano realtà, spesso può accadere che si realizzino solo in parte e per lui essere stato il capitano della squadra della sua città è già una cosa che non capita a molti. Coraggio Paolo, una nuova avventura ti aspetta, lontano qui è vero, ma tutti sanno che questa è e sarà per sempre la tua città.