Invidiato, visitato, sognato. Tutta la vita quotidiana di un popolo che non c’è più in un solo sito, tra i più importanti, se non il più importante al mondo. Quando fu distrutta nel 79 d. C., Pompei non era altro che un piccolo centro nei pressi del Sarno, una cittadina piccola e di provincia. Nulla a che fare con i fasti della Roma “Caput mundi”. Poi l’evento drammatico, l’eruzione, i morti e l’oblio.
Nel luogo in cui la memoria ha sempre conservato il ricordo della “civita”, nel 1748 Carlo III di Spagna, diede il via alla riscoperta della cittadina, sulla scia di quanto accadde dieci anni prima con l’avvio dei primi scavi ad Ercolano. Da quel momento, fino ai nostri giorni, per Pompei è stata una continua rinascita. Scavi e scoperte, disegni, acquerelli, piante, prospetti, ma soprattutto scavi, scavi ed ancora scavi. Eserciti di studiosi, nobili e Reali, ognuno il suo spazio, ognuno il suo spicchio di storia da riscoprire. Scientifici o meno, nel corso dei secoli gli scavi hanno ingrandito sempre di più lo spazio urbano della città, restituendo di volta in volta, piccoli spaccati di vita normale, lontana dai clamori dell’impero. Botteghe, case, lupanari, terme, palestre, officine produttive, stili di vita, usi e consumi alimentari, vizi e virtù. Un patrimonio che è andato via via ingrandendosi fino a raggiungere le dimensioni attuali.
Dal 2010 ad oggi. I problemi nel sito archeologico vesuviano sono decennali. Carenze e difetti sono noti agli addetti ai lavori da anni, ma fin quando i panni sporchi si sono lavati in famiglia, la stragrande maggioranza del mondo non pensava certamente a Pompei. Poi nel Novembre del 2010, il crollo della Schola Armaturarum. Un lampo improvviso in uno di quei temporali invernali che da anni consumano inesorabilmente il sito. Da quel momento, tutti i riflettori si sono accesi: centinaia di telecamere e macchine fotografiche son partite alla caccia degli sgretolamenti, dei distacchi degli intonaci dalle pareti, dei crolli. Anche un sasso caduto da un muro doveva essere raccontato. I commissari Europei hanno fatto visita in varie occasioni, così come anche la Direzione Investigativa Antimafia, per sincerarsi che tutto procedesse secondo le regole. L’ultimo crollo in ordine cronologico è di ieri e riguarda un muro di una bottega sulla via Stabiana e che ha interessato anche parte della Casa della Fontana Piccola. Dalla crollo della Casa dei Gladiatori ad oggi, qualcosa è stato fatto. Il Grande Progetto Pompei, ha mosso i suoi primi passi, ed alcuni interventi urgenti sono stati portati a termine o stanno per essere ultimati. Eppure non basta, perchè Pompei continua a consumarsi ed adesso l’Italia rischia anche di perdere i 105 milioni di euro stanziati dall’Europa. Entro il 9 Dicembre il Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo Massimo Bray, nominerà un Commissario che gestirà il restauro ed il rilancio del sito. Poi subito il via a numerosi interventi di consolidamento, a partire dalle Regio VI e VII. Di questa mattina poi è il cinguettio su Twitter proprio del Ministro Bray, nel quale ha comunicato che i lavori ripartiranno proprio dal muro crollato ieri. Indiscrezioni parlano di lotte interne al Ministero per chi dovrà ricevere l’incarico. La speranza è che il buon senso fin qui dimostrato dal Ministro, prevalga ancora una volta e che venga nominato un tecnico sulla base delle sue competenze e non per le sue amicizie politiche.
Eredità pesante. Oggi il parco archeologico di Pompei, ma in generale il nostro enorme patrimonio culturale, sembra esser diventato un enorme fardello, un’eredità pesante e difficile da gestire. Colpa di una visione politica, che non vede nella cultura un volano di crescita generale per il paese. Il petrolio dell’Italia è dichiaratamente conclamato da tutte le forze politiche, le stesse però che passive assistono al lento ed inesorabile disfacimento di Pompei. Dai professionisti della cultura (molti dei quali operano senza riconoscimento professionale e senza tutele) ai turisti, tutti vedono nella gestione della cultura da parte dello Stato, un affare da normale amministrazione in polverosi uffici, piuttosto che un’occasione di ricerca culturale ed anche dinamismo imprenditoriale. Il tempo è agli sgoccioli e l’italia non può permettersi di collezionare l’ennesima occasione mancata.
L’ennesimo accordo. Porta la data del 25 Novembre 2013. Si tratta di un nuovo Protocollo di Intesa per il Piano di Gestione Unesco, sottoscritto dal Segretariato Generale del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo, la Direzione Generale per le Antichità, la Direzione regionale per i beni culturali e paesaggistici della Campania, la Soprintendenza speciale per i beni archeologici di Napoli e Pompei, la Regione Campania, la provincia di Napoli, i comuni di Pompei, Ercolano e Torre Annunziata, Portici, Torre del Greco, Trecase, Boscotrecase, Boscoreale e Castellammare di Stabia. In sostanza, tutti gli Enti che gravitano intorno a Pompei (comuni inclusi) potranno collaborare con il Ministero alla gestione ed al rispetto del Piano Unesco.