Incredulità e inquietudine: le parole di Sergio Costa, comandante del Corpo forestale dello Stato, dopo aver assistito al ritrovamento di rifiuti tossici all’interno di campi coltivati a Caivano, nella ‘terra dei fuochi’, rappresentano al meglio lo stato d’animo di chi si è trovato davanti una vera e propria bomba tossica. In un’intervista rilasciata ha dichiarato: “Si immagini lei cosa significa vedere sette ettari di terreno invasi da rifiuti tossici fino a quattro metri di profondità“.
Ma immaginare è difficile se non si è visto con i propri occhi il triste spettacolo che si sono trovati davanti chi ha scoperto i rifiuti tossici, sotterrati nelle stesse campagne dove veniva coltivata la verdura che poi finiva sulla nostra tavola; non si può capire se non si fa un giro nell’area nord di Napoli al confine con la provincia di Caserta: è questa la terra dei fuochi, la zona più martoriata d’Italia, dove respirare equivale un po’ a morire.
Qui ieri c’è stata l’ennesima atroce prova di quello che in molti vanno dicendo da anni: sotto quei campi c’è interrato il marcio di tutta Italia. Quel marcio che la terra vomita nelle falde acquifere che vanno poi a irrigare i campi coltivati, in un circolo vizioso che ha solo un denominatore comune: la morte. È aria di morte si respira da anni in quelle terre, senza che mai nessuno muovesse un dito, senza che nessuno ascoltasse le denunce che pure sono partite da cittadini, comitati e associazioni: appena un paio di giorni fa il ministro Lorenzin ha attribuito a “stili di vita errati” l’aumento dei tumori nella provincia di Napoli.
Ora tutti saranno pronti a indignarsi, a lanciare l’allarme davanti ai guanti degli uomini del corpo forestale che si sciolgono a contatto con i fusti riportati alla luce: ma dov’erano quando questa terra veniva utilizzata come discarica d’Italia? Cosa facevano mentre la ‘Campania Felix’ veniva trasformata in una pattumiera? Niente, anzi firmavano la ‘condanna a morte’ di chi vive nella terra dei fuochi: perché se oggi si muore lentamente per i veleni che respiriamo è anche perché abbiamo iniziato a smettere di vivere per l’indifferenza che ha circondato il destino della nostra terra per troppi anni. Ora però è arrivato il momento che qualcuno paghi il conto.