A.M. ha 48 anni, è disoccupato e porta lo stesso nome e cognome di un boss di San Giovanni a Teduccio, quartiere della periferia est di Napoli. Questo è bastato per entrare nel mirino dell’Agenzia delle Entrate che gli ha chiesto 18 milioni di euro per danni provocati all’erario a causa del contrabbando.
Si tratta di un’omonimia e di una spiacevole coincidenza, perché il malcapitato A.M. lo ha subito un processo per contrabbando, ma nel 1983 quando aveva 18 anni ed è caduto in prescrizione. Intanto, però, A.M. si è visto mettere la casa all’asta, che sarà venduta il 1 luglio per 243 mila euro. In breve tempo si sono schierate le controparti per chiarire la vicenda. Equitalia afferma di aver notificato una cartella esattoriale, comprensiva degli interessi, pari a 25 milioni di euro. In difesa dell’imputato è sceso in campo l’avvocato Angelo Pisani del movimento “Noi consumatori”, che ha presentato querela per falso nei confronti della società di riscossione.
L’avvocato Pisani ha affermato che nel quartiere di San Giovanni a Teduccio esistono centinaia di persone con lo stesso cognome del suo assistito e quanto sia assurdo il modus operandi dell’agenzia di riscossione, che ha notificato una cartella esattoriale pari a 25 milioni di euro a mezzo posta e non tramite un ufficiale giudiziario.
Ora il giudizio sulla vicenda passa al Tribunale di Napoli. Il prossimo 10 giugno il giudice dovrà pronunciarsi in merito al ricorso di A.M. contro l’esproprio della sua abitazione e il 29 settembre prossimo è stata fissata l’udienza per la querela nei confronti di Equitalia.