Respinto il ricorso della Fiom: il giudice del Tribunale di Roma, secondo quanto affermato dallo stesso sindacato, ha detto no all’istanza presentata contro le procedure di mobilità annunciate dalla Fabbrica Italia Pomigliano lo scorso 31 ottobre.
La vicenda nasce dalla sentenza della Corte d’Appello di Roma che imponeva alla Fiat di assumere 19 operai iscritti alla Fiom per porre rimedio alla discriminazione presente nello stabilimento di Pomigliano d’Arco: per rispettare la decisione dei giudici, l’azienda torinese ha annunciato che avrebbe licenziato 19 dipendenti per far posto a quelli imposti dal tribunale.
Una decisione che ha incontrato anche il parere contrario del governo con diversi ministri, da Passera alla Fornero, che si sono scagliati contro l’iniziativa dalla Fiat: il responsabile del dicastero del Lavoro ha anche emesso una nota chiedendo di bloccare i licenziamenti. Critiche ai vertici del Lingotto sono arrivate da più parti: Chiesa, gli altri sindacati, persino la Procura di Nola ha aperto un’inchiesta sulla condotta dell’azienda che però non ha cambiato la sua linea. Così il 27 novembre gli operai della Fiom hanno siglato i nuovi contratti e sono tornati in fabbrica, mentre le pratiche per la mobilità degli altri 19 dipendenti sono andate aventi.
Un muro contro muro che è arrivato fino al 14 gennaio, quando anche dopo l’ultimo arbitrato tenutosi all’Ormel dell’Ufficio del Lavoro regionale non si è arrivati ad un accordo: da quella riunione, atto ultimo previsto dalla legge, l’azienda ha 120 gironi di tempo per decidere la messa in mobilità in maniera unilaterale. Oggi è arrivata la sentenza del Tribunale di Roma che è stata definita ‘negativa’ dalla Fiom, con Michele De Palma che ha indicato in “un contratto di solidarietà con tutti dentro” l’unica soluzione possibile.