Nascondevano fascicoli o singoli atti processuali: 26 persone sono finite in manette nell’ambito di un’indagine condotta dai pubblici ministeri della Procura di Napoli Gloria Sanseverino e Antonella Fratello. L’accusa nei loro confronti è di accesso abusivo a sistemi informatici, corruzione in atti giudiziari, violazione del segreto istruttorio, occultamento di fascicoli processuali: le ordinanze firmate dal giudice Paola Scandone hanno portato in galera tre persone, 22 agli arresti domiciliari mentre per una è scattata l’interdittiva.
Nel mirino dei pm ci sono gli uffici giudiziari della Corte di Appello di Napoli e il tribunale di Sorveglianza: in totale sono 45 gli indagati, tra cui anche avvocati e cancellieri. Il carcere è scattato per Mariano Raimondi e Giancarlo Vivolo, dipendenti della Corte di Appello, oltre che per il faccendiere Vincenzo Michele Olivo; quattro invece gli avvocati finiti agli arresti domiciliari: Giancarlo Di Meglio, Fabio La Rotonda, Giorgio Pace e Stefano Zoff.
Gli inquirenti hanno potuto contare su intercettazioni e riprese video che avrebbero portato alla luce accordi e scambi di denaro tra i cancellieri e gli avvocati che erano inseriti nell’organizzazione: secondo i pubblici ministeri, infatti, era stata messa in piedi un’associazione a delinquere con lo scopo di inquinare i procedimenti giudiziari, anche attraverso l’alterazione dei fascicoli. In particolare erano propri i dipendenti pubblici a contattare avvocati e faccendieri per proporre gli illeciti, potendo contare anche su un tariffario prestabilito che differenziava i prezzi in base alle prestazioni svolte.
Nell’ordinanza, oltre ai quattro avvocati, ha toccato anche nove dipendenti pubblici (cancellieri, commessi ed operatori giudiziari), tre faccendiere, un consulente tecnico della Procura e del Tribunale e un ispettore di polizia del commissariato di quartiere Vicaria-Mercato. Tra gli episodi contestati, ci sono anche l’inquinamento di procedimenti a carico di imputati per camorra e la sparizione di fascicoli di processi a carico di detenuti, in modo da far scadere i termini della carcerazione preventiva.