Anno 2080: questa la data in cui le terre e i cittadini della Campania potranno tornare pulite dopo i venticinque anni di disastri ambientali messi in atto dalla camorra con il contributo attivo delle industrie del Nord. Ancora settant’anni prima di mettersi alle spalle un quarto di secolo fatto di sversamenti illegali: è il quadro che emerge dall’inchiesta della Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli che ha portato all’ordinanza di custodia cautelare nei confronti di Francesco Bidognetti, già ergastolano, uno dei capi del clan del Casalesi.
Lui è il primo boss, il primo capomafia, a cui viene contestato il reato di disastro ambientale: Bidognetti, insieme a Gaetano Cerci, l’avvocato Cipriano Chianese e il subcommissario per l’emergenza rifiuti Giulio Facchi (l’ordinanza per lui è stata respinta) ha organizzato e attuato dal 1989 ad oggi il traffico di rifiuti illeciti che dal Nord hanno invaso la Campania, secondo l’ipotesi di Dda e Gip.
Nelle cinquecento pagine del gip Polito sono illustrati gli anni più bui della Campania, il quarto di secolo che ha rovinato le terre della regione con le oltre trentamila tonnellate provenienti dall’Acna di Cengio e smaltite nelle discariche di Villaricca, Giugliano e Parete grazie alla Ecologia 89, società in pratica totalmente di proprietà della camorra. Nell’ordinanza del gip viene fornito l’organigramma dell’organizzazione: Bidognetti è colui che fornisce l’appoggio della camorra e l’ideatore del traffico insieme a Chianese e a Cerci. In totale ci sarebbero state oltre 800mila tonnellate di rifiuti interrate negli invasi non impermeabilizzati, con trentamila provenienti dall’Acna: una quantità di rifiuti che ha prodotto 57 mila tonnellate di percolato che stanno contaminando le falde acquifere, con la punta massima di inquinamento prevista nel 2064.
Una condanna a morte per una terra che dovrà aspettare quasi settant’anni per cancellare la ‘macchia’ impressa dalla camorra e dalle società conniventi.