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Storie di start up: Mangatar e i segreti di un successo tutto campano

Sentiamo spesso parlare di Start Up e di giovani visionari che lasciano il posto fisso per credere in un progetto. Aziende che nascono da un’idea vincente e si sviluppano grazie al web stanno movimentando l’economia. Tra le tante realtà emergenti ci sono anche cinque ragazzi di Angri, che hanno unito la passione per i Manga, la loro professionalità e un pizzico di incoscienza per fondare Mangatar una delle migliori stat up Made in Sud. Questi cinque ragazzi del sud hanno ricevuto parecchi riconoscimenti come il Wind Business Factor e hanno portato la loro idea oltreaoceano. L’ultimo in ordine cronologico è arrivato ieri. Mangatar è stata dichiarata vincitore assoluto del PNI2012, Premio Nazionale per l’Innovazione, svoltosi a Bari e conferito dal governatore Nichi Vendola. Da pochissimo, come ci hanno raccontato in anteprima, hanno firmato un contratto di investimento con i cosiddetti Business Angel. “Abbiamo firmato con Dpixel, un fondo di venture capital che ha come advisor Dpixel – ci ha anticipato Andrea Postiglione, Ceo dell’azienda – che ci darà la spinta necessaria a concretizzare il nostro progetto più velocemente, sia in termini economici che in termini di pr ed internazionalizzazione”.  Mangatar è un social games che si sviluppa completamente online, tradotto già in diverse lingue, che prende spunto dal mondo e dalla filosia dei manga tipici del fumetto giapponese. Abbiamo chiesto ad Andrea Postiglione, Ceo di Mangatar di raccontarci se è possibile fare impresa al Sud, soprattutto a livello internazionale, e parlando con loro abbiamo capito che la geografia in un mondo sempre 2.0 conta veramente poco. Leggere per credere. 

1) S come startupper e come sud. come si conciliano queste parole?


In realtà sono due parole che dovrebbero andare d’accordo se per Sud intendiamo la capacità di ingegnarsi con poche risorse, di scommettere sul futuro ed essere capace di rialzare la testa dopo qualsiasi avversità, di rispondere alla “crisi” con la creatività.

2) Mangatar è un gioco di livelli ma anche di cooperazione. Per questo è definito un social game. quali sono i livelli da superare per farsi strada da queste parti.


C’è un primo livello da superare che è rappresentato da una certa indolenza, l’altra faccia della medaglia rispetto alla creatività. Se aspettiamo che qualcuno venga a darci la sveglia non partiremo mai. Bisogna mettersi in gioco, strutturare la propria idea nel modo più semplice possibile, trovare buoni compagni di viaggio, persone in grado di completare le nostre competenze, e studiare attentamente il mercato: a chi mi rivolgo? Quanto è grande il mio mercato? la mia idea esiste già? Cosa e come fanno gli altri? Posso fare di meglio? Quanto può crescere? Se avete superato il primo livello dovrete chiedere a parenti ed amici di supportarvi, finanziariamente o moralmente, durante lo sviluppo del vostro progetto. Una versione essenziale ma funzionante della vostra idea sarà sufficiente e farvi approdare al terzo livello: proporsi al pubblico, confrontarsi con gli utenti reali e le loro problematiche, partecipare ad eventi per fare rete. Qui dovrete convincere i vostri futuri investitori condensando il vostro progetto in poche frasi maledettamente efficaci, se avete intenzione di arrivare al livello finale, la vostra impresa.

3) La vostra casa è qui ma il vostro mercato è il mondo. contate di restare al sole del sud in futuro?


Per i nostri prodotti il mercato è globale dal primo giorno. Siamo partiti immediatamente con la versione in Inglese del gioco per poi affiancare le versioni in Italiano e Portoghese, visto l’interesse dei giocatori brasiliani. Ma essere presenti sul mercato mondiale non è solo una questione di lingua, significa anche creare relazioni con partner in molti paesi, significa essere presenti dove i cambiamenti prendono forma. Penso a San Francisco, Boston, Santiago del Chile, Tel Aviv, o per rimanere in Europa a Londra e Berlino, snodi fondamentali per chi opera in questo mercato oggi e dove sarà necessario essere presenti. D‘altro canto noi disponiamo a Salerno di sviluppatori molto preparati e di bassi costi di gestione che, rapportati alla qualità dei prodotti realizzati, ci fanno ben figurare anche contro l’aggueritissima concorrenza asiatica. Nella mia visione del futuro qui c’è il nostro centro di sviluppo, con investimenti e posti di lavoro altamente qualificati.

4) L’italia è un paese per giovani imprenditori? Cosa hai raccolto dalla tua esperienza diretta?


L’Italia è un paese di giovani imprenditori, ma molti non sanno ancora di esserlo. Girando il paese tra eventi e competizioni si scopre quante idee di business, buone e meno buone, ci sono sul territorio. Il problema di molte di queste idee è che non sanno ancora di essere potenziali imprese. Molto dipende dalla mancanza di cultura imprenditoriale diffusa e dalla scarsa volontà di confrontarsi con il mondo. Una buona idea chiusa in un cassetto vale zero, una idea discreta condivisa con uno o più soci ed il grande pubblico può valere una fortuna. L’informazione, le istituzioni e l’università un po’ contribuiscono a far sembrare questo un problema insormontabile. La verità, invece, è che non servono business plan di 80 pagine e superconsulenti, ma chiarezza di esposizione e di visione del proprio mercato.

5) Ci puoi raccontare in breve mangatar: come è nata l’idea e a che punto siete oggi?


Anche se siamo ufficialmente una SRL dallo scorso marzo, la nostra esperienza come team nasce molto prima: molto web, tante idee, una montagna di esperienze diverse. Il nostro orizzonte cambia radicalmente con la prima versione di Mangatar, circa un anno fa. Decidiamo di dedicarci completamente a questo progetto, facendo una netta scelta professionale e di vita. Iniziamo a guardare il mondo degli eventi e delle competizioni sotto un punto di vista completamente diverso e scopriamo quanto queste iniziative siano importanti per strutturarsi e ragionare da startup. Iniziamo affrontando la selezione di Mind the Bridge che ci porta fino al Venture Camp di Milano e ci da una prima visibilità nazionale, poi non ci fermiamo più. Tra le tante: Nonick2012 a Bilbao, Startup Initiative di Intesa SanPaolo, la partecipazione al Techcrunch Italy e soprattutto Wind Business Factor che ci permette di volare a San Francisco. Al di la della visibilità e dei riconoscimenti queste esperienze offrono a chi intende intraprendere il percorso dello startupper una imperdibile opportunità di networking e gli strumenti più adatti per avvicinarsi al mondo dei venture capitalist.

6) Che differenza c’è tra uno startupper italiano e uno straniero?


Se competiamo sullo stesso mercato non possono esserci differenze di approccio: gli strumenti che abbiamo a disposizione sono gli stessi e dobbiamo far fronte alle stesse difficoltà. Detto questo, per chi ha intenzione di far nascere la propria startup in Italia e non in altri paesi, ci sono ragioni strutturali che rendono questo percorso più difficile in Italia. Ad esempio i fondi d’investimento che operano in Italia sono di meno che in altri paesi, hanno generalmente minori capacità economiche rispetto ad omologhi inglesi o statunitensi. Manca una cultura del fallimento, essenziale per lo sviluppo di un ecosistema di progetti imprenditoriali innovativi dove il tasso di mortalità delle imprese è molto elevato, in grado di offrire agli imprenditori una seconda possibilità. Il sistema giuridico e normativo del nostro paese non è ancora adatto alla peculiarità di questo tipo di imprese ad alto potenziale di innovazione e crescita, anche se molto si sta muovendo in questa direzione anche grazie all’impegno del governo Monti.

Il team di Mangatar:

Andrea Postiglione – Ceo, UX e Graphic Designer
Raffaele Gaito – Biz Dev, Analist Developer
Michele Criscuolo – Mobile Developer
Enrico Rossomando – Web Developer
Alfredo Postiglione – Mangaka – Art Director

Mila Orlando

giornalista free lance, ha al suo attivo diverse collaborazioni giornalistiche.

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