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Categories: CronacaNews

Trenta giorni di carcere per due birre: l’odissea di un disabile salernitano

Paese strano l’Italia, nazione dove può capitare di vedere in libertà chi investe, ubriaco, innocenti pedoni che attraversano sulle strisce e rinchiuso in una cella invece un incensurato beccato al volante dopo aver bevuto due birre. Paese strano il nostro, dove c’è chi riesce a portare in cella di tutto e chi invece è costretto a togliersi una protesi perché all’interno delle mura di un carcere è considerata un’arma.

Della ‘stranezza’ della giustizia italiana se ne è accorto a proprie spese Marco Penza, originario di Casalvelino, provincia di Salerno, che è da dieci giorni rinchiuso in carcere dopo due birre bevute ben tre anni fa: l’uomo, oltre a dover subire l’onta del carcere, è stato costretto anche a togliersi la protesi che ha al posto della gamba sinistra perché per il regolamento carcerario è considerata un’arma.

La storia di Marco, raccontata su ‘Repubblica’, inizia tre anni fa: il 22 luglio del 2009 viene fermato da un posto di blocco e risulta positivo all’alcol test. Per lui scatta la denuncia per guida in stato di ebbrezza e il magistrato titolare del fascicolo alla Procura di Vallo della Lucania, non gli concede la pena sospesa: per l’uomo, quarant’anni, operatori del sociale e disabile, è l’inizio di un incubo.

L’avvocato a cui si rivolge poco dopo la nomina entra in politica e si ‘dimentica’ della pratica: a distanza di tre anni, ecco che arriva l’ordine di carcerazione per trenta giorni. Inutile il tentativo di Marco di ricontattare il legale: questi, ormai politico della zona, lo affida a un civilista che chiede gli arresti domiciliari. Così il 40enne si ritrova in cella da dieci giorni, prima a Vallo della Lucania, poi al carcere di Fuorni a Salerno, ed è costretto anche a privarsi della sua protesi. Le proteste dei suoi amici sono riusciti a fargli restituire la protesi, per la libertà invece dovrà ancora aspettare.

 

Bruno De Santis

Giornalista professionista napoletano. “Le parole sono tutto ciò che abbiamo, perciò è meglio che siano quelle giuste”.

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