Se c’è una buona notizia, non ne può mancare una cattiva: una regola a cui Napoli e la Campania si adeguano in tema di rifiuti. Così, se da un anno a questa parte, le strade della città non vedono più la presenza di cumuli di rifiuti, i cittadini vedono invece aumentare la tassa sui rifiuti solidi urbani (Tarsu). Un incremento da record quello fatto registrare dalla Campania nel quinquennio 2007-2011: un più 44,3%, con il passaggio dai 262 euro del 2007 ai 378 euro registrati nel 2011 (in leggero calo rispetto a 384 del 2010).
Le cose non vanno meglio se si presta attenzione ai dati di Napoli, in testa alla classifica dei capoluoghi più cari: negli ultimi cinque anni la Tarsu è aumentata del 79,5%, con un importo annuo di 508 euro pro-capite nel 2011, in aumento dell’1% rispetto ai 503 euro pagati l’anno prima. Subito dietro c’è Salerno con un importo di 421 euro nel 2011, ma una variazione nel quinquennio che sfiora il 100%, fermandosi al 97,7%.
Dall’altro versante però c’è da registrare un’inversione di tendenza per la produzione pro-capite di rifuti: nel 2010 si è fermata a 572 chili annui per abitazione, con una diminuzione dell’1,4% rispetto all’anno precedente. Quindi si è avuto un incremento dei costi del servizio nonostante il calo di produzione dei rifiuti, questo perché la Tarsu viene pagata in base alla superficie abitativa ed è quindi svincolata dall’effettiva produzione di rifiuti, dai costi di smaltimento e dalla qualità del servizio offerto. I dati sono raccolti in un’indagine condotta dall’Osservatorio sui prezzi e le tariffe di Cittadinanzattiva: in evidenza per la Campania anche un aumento della raccolta differenziata che nel 2010 si è fermata al 29,3%, con un +10% rispetto al 2008, ma ancora in ritardo rispetto agli obiettivi delle legge 296/2006 che prevedono il raggiungimento del 65% entro il 2012.