Sul finire di un Maggio dei Monumenti abbastanza positivo per il Comune di Napoli, questa mattina sono scesi in strada i lavoratori dei Beni Culturali, per un mobilitazione lampo davanti l’ingresso della nuova stazione della metro di via Toledo. Restauratori di Fillea Cgil Campania e archeologi dell’Associazione Nazionale Archeologi/Campania, si sono riuniti davanti la stazione/cantiere, che oggi era aperta per visite su prenotazione.
Nessuna protesta estrema e nessun tentativo di bloccare il programma di visite, solo l’intento di sensibilizzare i visitatori, sulle problematiche che affliggono i beni culturali italiani, partendo dai monumenti stessi, fino ad arrivare a chi nel mondo dei beni culturali ci lavora, non inquadrato nella struttura ministeriale, ma da libero professionista. Una moltitudine di giovani e non, in possesso di lauree, specializzazioni, dottorati e master, costretti a sopravvivere nel mare in tempesta del mercato lavorativo culturale. Professionisti a tutti gli effetti, spesso in balia di giochi di forza da parte di cooperative monopolizzatrici del mercato del lavoro, che applicano contratti vantaggiosi solo per loro, partecipando a gare d’appalto “al ribasso”, con conseguenti ripercussioni sul compenso da corrispondere ai singoli professionisti, costretti spesso ad aprire una partita iva anche se di fatto lavorano in veri e propri regimi di mono committenza e subordinazione.
Veri e propri precari, pagati male e quasi mai con costanza e regolarità, costretti spesso ad attendere mesi prima di ricevere il compenso per prestazioni altamente specialistiche, come sono quelle degli archeologi e dei restauratori. Giornate intere su cantieri, costretti ad accollarsi su di se tutte le spese relative alla copertura assicurativa e del materiale di lavoro, spesso privati dei diritti più elementari e delle tutele basilari, come la maternità. Ragazzi che hanno investito tanti soldi per la propria formazione, ma che per lo Stato non esistono neppure, non avendo neanche un riconoscimento professionale, problema che è alla base della “deregulation” del loro sistema lavorativo, che di fatto è senza controllo e che invece dovrebbe essere tenuto d’occhio da parte delle Soprintendenze. Queste infatti dovrebbero essere a conoscenza del fatto che la qualità degli interventi spesso è collegata alla qualità delle condizioni lavorative e senza un monitoraggio costante da parte dei funzionari, volto a tutelare i lavoratori, si rischia di compromettere direttamente il patrimonio culturale. Patrimonio nel quale migliaia di ragazzi hanno scelto di investire, perché considerato una risorsa per l’intera nazione, peccato però, che chi ha la possibilità di riportare il sistema sui binari giusti, non lo abbia ancora capito, perché da più parti nel corso degli anni ci si è riempiti la bocca con parole altisonanti sulla valorizzazione del nostro patrimonio, ma poi nella sostanza non si è mai fatto nulla ne per il patrimonio ne tantomeno per il lavoratori; al contrario si aspetta che crolli qualcosa prima di porre rimedio o addirittura si tenta di abbinare siti di inestimabile valore archeologico ad una discarica della spazzatura.
Un appello che ha trovato notevoli consensi tra i passanti e rivolto anche all’Amministrazione De Magistris ed alla Regione Campania, ai quali si è chiesto di velocizzare i tempi per gli investimenti economici per dar vita al rilancio ed alla valorizzazione del centro storico, cuore della città greco romana ed emblema di una città che soffre e che ha bisogno anche delle sapienti mani dei lavoratori dei beni culturali.
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