La squadra combattiva, grintosa ed assetata di vittoria, che andava in giro sui campi di mezza Europa a dettar legge, sembra essere un lontano ricordo. Ieri sera sul prato amico del San Paolo i segni di una crisi generale si sono manifestati in modo inequivocabile. Le sconfitte con Juve e Lazio avevano fatto alzare le antenne agli addetti ai lavori, la sconfitta casalinga con l’Atalanta ha sancito, semmai ce ne fosse stato bisogno, che il Napoli è in crisi sul serio.
Tutto ha inizio con l’eliminazione dalla Champions nella sventurata trasferta londinese. Da quel momento infatti, il Napoli ha iniziato a mancare di lucidità, di smalto e di grinta, fino a presentarsi contro l’Atalanta privo di idee ed energia. Una crisi che, da psicologica si è trasformata in fisica e che ha colpito prima di tutti la difesa partenopea, rea di aver subito nelle ultime quattro gare di campionato undici goal, contagiando poi centrocampo ed attacco. Perché oltre la linea mediana le cose non è che vadano meglio, poiché lo score fa segnare solamente quattro reti all’attivo. Hamsik, Cavani e Lavezzi (l’unico ieri sera che ha provato a fare qualcosa), non girano più come prima e questo ha influito in modo determinante anche sul gioco del resto della squadra, che ha perso di vista i terminali offensivi, quelli che ti creano lo spazio e che ti dettano il passaggio. Una serie di sfortunati eventi che adesso ti fanno vedere il terzo posto come un miraggio, un qualcosa di irraggiungibile e che solo un miracolo ti può ridare.
Merito all’Atalanta per come è scesa in campo, per il gioco che ha prodotto e per il risultato che alla fine ha portato meritatamente a casa, battendo un Napoli che è durato giusto un tempo, riportando i tifosi azzurri con i piedi per terra e facendo beccare ai giocatori una bordata di fischi che sinceramente troviamo forse un po’ esagerata. La squadra sta attraversando un momento di appannamento è vero, ma non dobbiamo dimenticare che questi ragazzi hanno affrontato una Champions durissima, dalla quale sono stati eliminati solo perché hanno peccato di inesperienza. La stessa squadra il venti Maggio potrebbe portare a casa il primo trofeo dell’era De Laurentiis e per far ciò, dovrà battere l’imbattibile Juventus in una finale di Coppa Italia che si preannuncia al cardiopalma. Perdere tutte queste partite e con risultati così rotondi, non fa piacere a nessuno, specialmente ai tifosi, che tutte le domeniche seguono il Napoli dentro e fuori le mura amiche, ma forse è proprio in questi momenti che bisogna far sentire ai ragazzi che il pubblico partenopeo non li abbandona, anzi si stringe intorno a loro, quasi a volerli difendere dai disturbi che arrivano dall’esterno.
C’è chi parla dei tenori già pronti con la valigia sul letto per lasciare Napoli, ma mancano ancora altre sei partite alla fine del campionato e la matematica non ha ancora condannato il Napoli, visto che Udinese e Lazio hanno entrambe perso. La distanza dalla squadra di Reja è rimasta invariata, solo che ora è arrivata anche la Roma, che battendo proprio l’Udinese, ha scavalcato il Napoli. I sei punti da recuperare, non sono un’impresa tanto impossibile, perché li davanti hanno ancora partite difficili da dover affrontare ma, con un Napoli in queste condizioni, son rimasti in pochi quelli che sperano ancora nella rimonta finale. Nessun ciclo è ancora finito, coraggio Napoli credici ancora.
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