Per i tredici dipendenti del Cardarelli coinvolti nell’inchiesta che ha portato all’arresto del dott. Paolo Iannelli, primario del reparto di Ortopedia dell’ospedale napoletano, e raggiunti da provvedimenti cautelari disposti dal Gip del Tribuanle di Napoli (2 arresti domiciliari, 3 divieti di dimora in Napoli e 7 obblighi di presentazione alla Polizia giudiziaria) si prospetta l’immediata sospensione dal servizio. Il Direttore Generale del Cardarelli, Rocco Granata, ha annunciato di attendere dalla Procura l’elenco ufficiale dei destinatari delle misure restrittive per firmare i provvedimenti di sospensione e di avere già avviato un’inchiesta interna. Lo stesso direttore aggiunge che l’azienda ospedaliera, che ha già individuato nell’avv. Giuseppe Pellegrino il legale di riferimento per il “caso Iannelli”, intende costituirsi nell’eventuale procedimento giudiziario che ne deriverà parte civile per i danni materiali e d’immagine subiti.
A sua volta, il presidente della Federazione nazionale degli Ordini dei medici e degli odontoiatri (Fnomceo), Amedeo Bianco, fa sapere che “per i medici sottoposti a misure restrittive della libertà, ancorché cautelari, scatta d’obbligo la sospensione dall’Albo“, aggiungendo che le conseguenze, qualora fosse confermato l’impianto accusatorio, possono portare alla radiazione.
La bufera tuttavia, oltre che sulle responsabilità dirette di medici e paramedici coinvolti, si addensa ora anche sul sistema di controllo e di rilevazione delle presenze che non ha evidentemente funzionato se ha registrato come operativo e nella piena attività delle sue funzioni, in svolgimento a Napoli, un medico che invece era a prendere il sole in Thailandia. Vanno dunque accertate altre responsabilità e indagati i settori preposti alla vigilanza sull’osservanza delle leggi e dell’applicazione delle regole. Ne è convinto Costantino Troise, segretario nazionale dell’Anaao Assomed, associazione di medici dirigenti, il quale chiarisce: “Di per sé, infatti, l’attivita’ libero professionale intramoenia e’ inserita in una matrice organizzativa retta da leggi, contratti e regolamenti che rendono difficili i comportamenti opportunistici, specie in presenza di corretti meccanismi di controllo, in questi casi venuti clamorosamente meno”.
Resta da aggiungere che non si capisce nemmeno come mai Paolo Iannelli svolgesse ancora il suo ruolo al Cardarelli quando alla fine del 2011 aveva subito una condanna per evasione fiscale e truffa alla Pubblica Amministrazione ed era stato interdetto da incarichi direttivi con pena accessoria: un anno e sei mesi, interdizione dagli uffici direttivi, incapacità di contrattare con la Pubblica Amministrazione, interdizione dalle funzioni di rappresentanza e assistenza in materia tributaria, pubblicazione della sentenza. Su “Il Denaro” compare tutta la storia con l’ammontare dei redditi non dichiarati: nel 2005, dopo i controlli effettuati dalla Guardia di Finanza, l’Agenzia delle Entrate gli reclama 1.343.224 milioni di euro “taciuti”, con corrispondente imposta evasa di 542.173. Il giudice Federico Somma lo condannò con una nota quanto mai illuminante: “Il fatto appare di notevole gravità tanto per le dimensioni oggettive dell’importo evaso, quanto per la qualità professionale dell’imputato, primario ospedaliero oltre che collaboratore (e coniuge di uno dei maggiori soci) di una clinica privata, che dichiara al fisco soltanto i limitati proventi da attività lavorativa dipendente, mentre dai movimenti del conto corrente bancario risultano flussi e movimentazioni di gran lunga più consistenti”.