Domenica scorsa nel quartiere di Barra, appartente alla sesta municipalità del Comune, ha avuto luogo la Festa dei Gigli. La festa, che ha un carattere religioso, si è trasfomata in un’esaltazione alla camorra e ai boss della zona. Secondo la proposta di alcuni esponenti della criminalità organizzata, un corteo di macchine d’epoca con a bordo alcuni boss del quartiere (la macchina più importante era un’ Excalibur bianca), in un tripudio di musica e applausi, passa indisturbato per la città dedicando un minuto di silenzio “ai nostri morti”, e ricevendo la benedizione finale del parroco.
Applausi a scena aperta: dall’alto piovono coriandoli, palloncini colorati di rosso e di blu vengono lasciati volare verso il cielo; tante persone immortalano il momento con i telefonini. I due “padrini” scendono dall’auto e cominciano a salutare gli organizzatori della festa, gli uomini di uno dei clan più potenti della città. Appartengono alla stessa famiglia. Una stretta di mano e un bacio sulla bocca: sembra un film girato a Hollywood, nello stile del “Padrino” e, invece, è la cruda realtà!
Il protagonista della festa è il boss Angelo Cuccaro, scarcerato nel 2010 dopo dieci anni di reclusione. Camicia blu, cappellino da baseball bianco sul capo, era lui a dettare i tempi e a raccogliere l’omaggio dei suoi uomini e ad essere atteso dall’altro organizzatore il padre Antonio, che al suo arrivo ha dispensato baci sulle labbra ai “picciotti” davanti all’occhio vigile del boss: un gesto che sta a indicare, secondo gli esperti, il totale e indissolubile legame che c’è nella famiglia.
Così, la festa diventa occasione per mandare un messaggio destinato ai rivali con segnali convenevoli sotto la luce del giorno. Il boss pretende per sé gli uomini più forti, i musicisti migliori: la festa deve essere la manifestazione del suo dominio totale sul territorio. Perché è colui che può dar lavoro e benessere, ma anche seminare morte. Può concedere gioie e dolori, come un imperatore. Tutti lo sanno. E nessuno si può sottrarre, nemmeno uno dei parroci del quartiere, “costretto a benedire l’obelisco del clan con tanto di paramenti sacri nella piazza principale del quartiere. Questo succede a Napoli in pieno giorno e nessuno sente il dovere di intervenire.
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