Il cardinale Crescenzio Sepe, arcivescovo di Napoli, mette immediatamente le cose in chiaro e fa sapere che di quello che fa o decide il Senato, alla Santa Sede – o, almeno, all’arcidiocesi napoletana – importa poco e San Gennaro non si tocca. La querelle è nata in seguito ad un emendamento alla manovra finanziaria del governo, approvato dalla Commissione Bilancio del Senato, con il quale si sono salvate dall’accorpamento alla domenica le feste laiche, consacrate in nome della nostra storia di stato libero, repubblicano e fondato sul lavoro (così come ricorda l’art. 1 della Costituzione), ma non quelle religiose, in particolare quelle patronali. Così la festa del Lavoro, quella della Liberazione e quella della Repubblica, legate rispettivamente alle giornate del 1 maggio, 25 aprile e 2 giugno, continueranno ad essere celebrate precisamente negli stessi stessi giorni consegnati alla memoria nazionale e civile della nostra patria, mentre le feste dei santi patroni, eccetto quella dei Santi Pietro e Paolo, verranno dirottate verso la domenica. Così ha deciso Palazzo Madama.
Ma Sepe non ci sta ed aveva già fatto diffondere il suo dissenso in una nota ufficiale: «Sappiamo che alla festa liturgica di San Gennaro si accompagna sempre e da secoli l’evento prodigioso e straordinario della liquefazione del suo sangue. Se dunque si tratta di un evento particolare non determinato da mano e da volontà dell’uomo, è evidente che non può essere spostato ad altra data , più o meno vicina a quella che è legata alla storia del santo e di Napoli. È chiaro quindi che nessuna manovra politica e finanziaria, pur rispettabile, potrà mutare la storia e coartare in qualche modo la volontà del nostro santo patrono. Si adottino pure le opportune misure finanziarie che la delicatezza e la serietà del momento impongono e che tutti debbono osservare ma per la Chiesa di Napoli la solennità religiosa di San Gennaro resta fissata per il 19 settembre e per il corrispondente giorno della settimana».
Dopo l’emendamento, ha dunque ribadito: «A San Gennaro non si comanda, non è un evento che dipende dalle mani degli uomini, ma da Dio che ci comanda di celebrarlo. Il Senato faccia ciò che vuole e noi facciamo quello che vogliamo. Chi ha orecchie per intendere, intenda». E in effetti, da una parte, non sarebbe proprio una questione di lana caprina, visto che la festività non è soltanto legata al giorno del martirio del Santo, ma anche al miracolo della liquefazione del suo sangue, raccolto in due ampolle da una devota subito dopo la decapitazione: è chiaro che sarebbe inammissibile il fatto che, eventualmente, possa sciogliersi indistintamente anche in un qualsiasi altro giorno del mese (purché sia domenica!).
Dall’altra tuttavia, ci sarebbe da obiettare che in realtà il prodigioso evento si ripete per ben altre due volte nell’anno: il 16 dicembre e… la prima domenica di maggio.
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