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Categories: CronacaNews

Telefonata shock dalla Savina Caylyn: i pirati minacciano di decapitare i prigionieri

La Cgil di Napoli chiede che “in tempi brevissimi siano messe in atto tutte le strategie possibili per la risoluzione positiva della vicenda e che, in ogni caso, il Ministero degli Esteri provveda ad informare e supportare i familiari”. La motocisterna Savina Caylyn è stata assaltata dai pirati somali lo scorso 8 febbraio a largo delle coste della Somalia. A bordo dell’imbarcazione ci sono 22 membri dell’equipaggio tra cui 5 italiani: Antonio Verrecchia di Gaeta, Gianmaria Cesaro di Sorrento, Eugenio Bon di Trieste, Crescenzo Guardascione ed il comandante Lubrano Lavadera di Procida. La Farnesina ha ammesso di non avere alcuna idea di cosa stia realmente accadendo sulla Savina Caylyn: pochissimi i messaggi giunti ai familiari in questi lunghissimi sei mesi.

L’ultimo contatto è avvenuto il 16 giugno attraverso una telefonata tra il comandante Lavadera e la moglie Nunzia. L’uomo aveva espresso molta preoccupazione per l’escalation di violenza cui assisteva a bordo della nave ed era apparso particolarmente provato. “Non ci abbandonate” aveva implorato.

A testimonianza delle barbarie subite dall’equipaggio, il 9 giugno erano giunte, via fax, 5 foto che ritraevano i prigionieri seduti a terra, minacciati dai sequestratori con i mitra. Da allora più nessuna notizia fino a ieri quando, con una nuova telefonata, il comandante ha riferito le condizioni imposte dai pirati per il loro rilascio: il riscatto aumenterà di 250 mila dollari per ogni mese che trascorrerà e, se nessuno pagherà, i sequestratori hanno minacciato di decapitare un membro dell’equipaggio. Il tempo stringe, il cibo scarseggia, le violenze peggiorano di giorno in giorno e sulla vicenda pare calato il silenzio.

I familiari sono disperati: davanti alla sede del Comune di Procida, le famiglie si si sono incontrate per organizzare una manifestazione che avrà luogo nei prossimi giorni alla Farnesina. Né l’Unità di crisi del ministero degli Esteri, né il ministero della Difesa hanno saputo dare, sin ora, delle risposte. Non resta che aspettare dei provvedimenti concreti e sperare, quantomeno, che sulla vicenda non cali mai l’attenzione.

Valeria Fiorenza Perris

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