Non rilasciano dichiarazioni gli inquirenti di Teramo, titolari dell’indagine sull’omicidio di Melania Rea, rispetto alla possibilità che Ludovica Perrone, l’amante di Salvatore Parolisi, marito della vittima e unico indagato, sia convocata per il test del dna. La notizia è stata diffusa dal quotidiano abruzzese Il Centro, ma da parte della procura non sono seguite conferme né smentite. L’esame, d’altronde, non pare essere finalizzato a individuare il responsabile del delitto, visto che la presenza della giovane soldatessa è già stata ampiamente esclusa dalla scena del crimine per avere dalla sua un alibi di ferro: il 18 aprile, giorno dell’omicidio, era in caserma a Lecce, dove presta servizio, dove tutti l’hanno vista e confermato di averla vista.
La spiegazione potrebbe dunque risiedere nell’esigenza di eliminare definitivamente e senza ombra di ragionevole dubbio un su0 coinvolgimento non tanto nella fase dell’uccisione quanto in quella precedente l’uccisione, oppure di escludere o confermare la sua presenza in altre circostanze, non direttamente collegate alla morte di Melania ma che, in qualche modo, possono gettare luce sui retroscena e su contesti attinenti.
E’ infatti atteso a breve il risultato dei rilievi che i Ris di Roma hanno effettuato durante i sopralluoghi nell‘appartamento di Folignano, in cui Melania viveva col marito, e nella caserma di Ascoli Piceno “E. Clementi”, dove quest’ultimo lavora come istruttore delle reclute femminili. Caserma coinvolta sempre più pesantemente, poiché ormai punto di convergenza di due diverse inchieste: a quella della procura teramana, infatti, si è aggiunta parallelamente quella della procura militare di Roma, il cui scopo è quello di appurare il tenore dei rapporti tra istruttori e reclute del 235 Rav Piceno, su cui si è allungata l’ombra del sospetto di abusi da parte dei militari superiori in grado sulle soldatesse.
”Vogliamo approfondire alcune circostanze emerse finora – ha spiegato il pm Marco De Paolis – per stabilire se sono raffigurabili reati”. Il riferimento è a eventuali minacce e ricatti ai danni delle reclute per costringerle ad atti contrari alla propria volontà e ai propri doveri: in sostanza si tratta di capire se siano state indotte prestazioni sessuali per ottenere atteggiamenti compiacenti durante il periodo di addestramento.
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