Oggi alle 12 presso l’Aranciera di San Sisto a Roma si svolgeranno i funerali di Giuseppe d’Avanzo. Scrittore e firma storica di “La Repubblica”, si è spento due giorni fa, a soli 58 anni. Si trovava a Calcata, in provincia di Viterbo, quando è stato colto da un improvviso malore mentre andava in bicicletta. D’Avanzo era nato a Napoli il 10 dicembre 1953. Dopo aver collaborato con il Corriere della Sera, dal 2000 era diventato una delle penne più coraggiose e prestigiose di Repubblica.
Messaggi di cordoglio e vicinanza alla famiglia da parte di tutti i principali esponenti politici. Il sindaco di Napoli Luigi De Magistris ha così commentato la triste notizia: “Con Giuseppe D’Avanzo scompare un riferimento importante per l’informazione libera e indipendente del nostro Paese.
D’Avanzo ha fatto della denuncia dei mali nazionali, compresa la deviazione e la corruzione delle istituzioni e del potere, il motivo della propria professione, concepita coraggiosamente come ricerca della verità e declinata con lo scrupolo tipico delle personalità curiose e vivaci. Per la sua morte, dunque, soffre Napoli ma anche l’Italia intera, in particolare quella società civile mobilitata nella lotta alle mafie e alla loro penetrazione istituzionale, quella società civile che non considera il potere politico immune allo sguardo critico e vigile da parte di chi lo ha delegato di rappresentarlo”.
Un intervento che restituisce perfettamente lo sgomento di Napoli e dei napoletani per la perdita di uno dei suoi più illustri cittadini. Il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, si è detto vicino alla famiglia e ha sottolineato l’impegno e la passione con cui D’Avanzo ha sempre condotto le sue inchieste: dal Nigergate alle tanto discusse 10 domande poste a Silvio Berlusconi dopo le foto che lo ritraevano alla festa organizzata per la diciottenne Noemi Letizia.
Questi sono solo piccoli esempi del lavoro costante e dirompente del giornalista che, per anni, ha scritto con professionalità e senza mezze misure. Veltroni ne ha elogiato la “capacità d’indignarsi”, una dote estremamente rara di questi tempi ed un imperativo morale cui nessun giornalista dovrebbe mai prescindere.