La cultura e l’arte napoletana, nonostante i troppo spesso pochi o nulli riconoscimenti, sono costellate di rarità e preziosità senza dubbio impagabili e soprattutto introvabili, in termini quantità e, utilizzando un termine assolutamente profano, di qualità. Così capita che dagli scantinati o “segrete”, come li definisce l’Indiana Jones di turno, della chiesa di San Domenico Maggiore risorga una tela attribuita al grande maestro Leonardo Da Vinci. Autore della sensazionale quanto controversa scoperta è Nicola Barbatelli, direttore del Museo Archeologico “Antiche Genti di Lucania”. La tavoletta con il dipinto è stata esposta in passato presso la Cappella Muscettola proprio in quel di San Domenico Maggiore e in questi giorni è stata la protagonista di un tortuoso dibattito circa la paternità stessa dell’opera. Infatti l’attribuzione al Maestro toscano non sarebbe accertata in quanto l’opera non ha subito nessun processo di analisi di riconoscimento da parte di nessun esperto delle opere leonardiane, quindi, almeno per il momento, la situazione galleggia a mezz’aria.
Dalle pagine del sito web dell’Associazione Napoli Punto A Capo, è partito l’appello verso il direttore del Museo Madre, Edoardo Cicelyn, affinchè l’opera venga esposta quanto prima, poichè sicuro elemento di attrazione di curiosi e turisti, volano occasionale e tempestivo per la stagione turistico – culturale estiva.
Cicelyn però dal canto suo ha declinato gentilmente la proposta: “Non ho competenze adeguate per infilarmi nella discussione sull’affidabilità di tale ipotetica attribuzione. A naso mi sembra del tutto campata in aria. Comunque, delle due l’una: se studiosi di rango potessero documentare la possibilità che l’autore sia Leonardo da Vinci, Capodimonte dovrebbe imporsi per ottenerne al più presto l’affidamento e l’esposizione; se invece questa eventualità fosse del tutto scartata, in nome di quale stramba teoria dovremmo legittimare un evento espositivo, che avrebbe senso solo nell’ipotesi alternativa e contraria?”.
Sempre continuando nella difesa della sua posizione e della sua scelta sulle pagine di Napolipuntoacapo.it, Cicelyn continua (seppur attaccato e/o appoggiato da più parti): “Vorrei che la mia opinione del tutto personale, scientificamente non autorevole, sia considerata per quel che è. Comprendo le buone intenzioni di chi propone di spettacolarizzare anche l’incertezza attributiva, ma sospetto anche che questo sia il modo (buono ed onesto) di misconoscere la serietà culturale del museo d’arte contemporanea e dei suoi curatori. Non ci si capacita che oggetti strambi, di indefinibile valore estetico siano accolti e vezzeggiati nei musei e che, invece, un’opera forse cinquecentesca, ancorché d’incerta origine, non trovi medesima ospitalità e vetrina. Vi devo dire, senza presunzione alcuna – giuro – che noi riteniamo di svolgere un lavoro serio, fondato su riflessioni e conoscenze specifiche, che, per esempio, c’impediscono di aderire al gusto dilagante dell’estetica del reality. Cambierei subito canale se vedessi presunte folle turistiche, rumorose e mal vestite, ansiose di premere il bottone vero-falso, senza alcuna cognizione di causa.”
Vedremo nei prossimi giorni quali saranno le risposte e le decisioni degli addetti ai lavori, in particolare si attendono riscontri da parte delle maestranze del Museo di Capodimonte.
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