Sono passati 14 anni dal brutale assassinio di Silvia Ruotolo. La donna, l’11 giugno 1997, fu vittima innocente della furia omicida della criminalità organizzata: obiettivo dell’agguato, avvenuto a Salita Arenella nel cuore del quartiere Vomero, era l’uccisione di Salvatore Raimondi, esponente del clan Cimmino. Silvia all’epoca dei fatti aveva solo 39 anni e stava tornando a casa con suo figlio Francesco, di 5 anni, che aveva appena preso da scuola. Uno dei 40 proiettili sparati all’impazzata la colpì alla tempia e ne provocò la morte istantaneamente. Il piccolo Francesco aveva la sua mano nella sua mentre la figlia Alessandra, di 10 anni, assisteva alla scena dal balcone di casa. Una vicenda davvero tragica che puntò i riflettori sulla presenza del fenomeno camorristico nella città e sul pericolo che l’illegalità rappresenta per ciascuno di noi. Per il delitto Ruotolo furono condannati all’ergastolo il boss Giovanni Alfano, Vincenzo Cacace, Mario Cerbone, Raffaele Rescigno e Rosario Privato. Proprio Privato, l’unico pentitosi dopo la strage, oggi parla in un’intervista in cui racconta ogni dettaglio di quell’assurdo giorno: il killer, responsabile di circa 40 omicidi, spiega come ascoltare in tv le parole del marito di Silvia lo abbia indotto a cambiare vita. Chiede perdono ma non spera di ottenerlo. Dall’intervista emerge chiaramente quanto la criminalità organizzata si insinui nell’economia e negli equilibri della città, senza che noi ce ne accorgiamo: la rete di affari si estende a macchia d’olio, includendo cantieri, attività commerciali, aziende sanitarie e persone “insospettabili”, divenendo incredibilmente per alcuni un’alternativa di futuro possibile.
Come ogni 11 giugno i familiari di Silvia Ruotolo si sono ritrovati davanti alla t arga che intitola i giardini di piazza Medaglie d’oro alla donna “vittima innocente della barbarie camorristica”. Insieme a loro c’erano Luigi De Magistris, Stefano Caldoro, magistrati anticamorra, molte associazioni e persone care che hanno ricordato Silvia soprattutto sottolineando la necessità che la legalità si imponga sulle forze camorristiche.
Alessandra Clemente, figlia di Silvia Ruotolo, in una lunga intervista rilasciata al quotidiano La Repubblica, presenta il nuovo progetto in memoria di sua madre, la Fondazione Onlus “Tutto ciò che libera e tutto ciò che unisce” finalizzata a “contrastare la devianza della sub-cultura mafiosa partendo dall’ infanzia, promuovendo a beneficio della collettività l’ integrazione sociale dei giovani, ragazzi e ragazze, per il superamento delle marginalità, svil uppando l’educazione alla cittadinanza e la cultura della legalità”.
Toccanti le parole di Alessandra: “E chi mi dice che è tutto inutile.. che le cose non cambieranno mai… che così deve andare.. che mia madre era nel posto sbagliato al momento sbagliato, mi fa il torto più grande. I miei occhi si riempiono ancora una volta delle più struggenti lacrime. Offende la vita strappata a Silvia, che era esattamente dove doveva essere, mamma di ritorno da scuola con il figlio, che aveva tanta voglia e ragioni per vivere”.