Arcadia Yachts è una di quella aziende che segnano l’eccellenza italiana, in particolare partenopea, considerando che i soci sono tutti Napoletani. Ma quando alla rinomata impresa è stato chiesto di partecipare come sponsor ufficiale al Napoli Teatro Festival, beh, la risposta del direttore generale dell’azienda, Francesco Guida, non è stata particolarmente felice.
Infatti agli uffici della Regione Campania è arrivata una risposta che ha sorpreso (più o meno) tutti: «La ringrazio— scrive— ma non riesco a vedere il nesso tra produzione di yachts ed un Teatro festival; per di più non ritengo sia il caso di legare la nostra immagine alla città di Napoli, devastata dalla criminalità e da politici incapaci e corrotti. La nostra azienda — prosegue — esporta quasi tutta propria produzione e cerca di nascondere il più possibile la sua infelice localizzazione. Non partecipiamo neanche al Nauticsud che si svolge in un contesto disastroso e nel degrado totale. Girando da molti anni il mondo — precisa Guida — ho acquisito la certezza che, purtroppo, c’è solo da vergognarsi ad essere napoletani. Saprà bene, poi, in quale crisi versa il nostro settore, anche a causa delle spese sconsiderate e inutili degli ultimi anni, generate da megalomania ed ingiustificata euforia. Noi siamo molto attenti ai costi di promozione che, per le aziende del settore, devono essere molto contenuti e soprattutto mirati» .
Parole forti, ma che nascono dal grande disagio di professionisti di un settore che, pur appartenendo al mondo del lusso più sfrenato (gli yachts sono destinati prettamente al ricchissimo mercato orientale), si trovano ogni anno a combattere con le problematiche legate al territorio, in particolare della zona di Torre Annunziata, sede da qualche anno dell’Arcadia Yachts.
Inutile dire che la situazione ha generato anche un certo imbarazzo da parte dello stesso Teatro Festival che invece, nonostante le difficoltà territoriale, porta avanti un progetto di altissima cultura ed ambizione.
Alle pagine del Corriere del Mezzogiorno, Guida ha poi espresso il suo punto di vista in maniera più ampia. «È proprio così: — chiarisce il direttore — io ho lavorato per quindici anni a Viareggio. Poi, tre anni fa, io e i miei soci abbiamo acquistato un immobile dismesso a Torre Annunziata di proprietà di un’azienda del Nord che era andata via. Ci siamo ritrovati con 52 lavoratori licenziati che pretendevano di essere riassunti da noi. Per tre mesi siamo stati protetti da un servizio di scorta da parte delle forze dell’ordine. Abbiamo subìto un danno di quattro milioni di euro per una barca di 24 metri appena realizzata e pronta per essere presentata alla fiera di Cannes che, ignoti, hanno dato improvvisamente alle fiamme. Insomma, siamo stati osteggiati in ogni modo. Ma non basta: vado a Dubai, in tv passano le immagini di Napoli ricoperta dalla spazzatura, e vengo preso in giro dagli arabi. Ora pensiamo di accogliere i nostri clienti stranieri facendoli arrivare in elicottero, per evitare l’impatto con il degrado circostante. In giro ci si vanta di essere napoletani. Ma nessuno si chiede: ma tutto questo orgoglio su cosa lo fondiamo? Sulle buche delle strade? Sulla spazzatura? Sugli scippatori che ammazzano i turisti? Io credo che l’orgoglio appartenga soltanto a coloro che non sono mai usciti dalla città» .
Poi però si lascia sfuggire una nota più pacata e speranzosa: «Non volevo offendere nessuno. Ma si comprenda il mio rammarico. Avremmo bisogno di amministratori alla De Luca, alla Chiamparino, alla Tosi. Spero che ora, al di là del colore politico, la nuova giunta regionale e quella comunale di Napoli sappiano inaugurare davvero una stagione nuova, di riscatto. Sarei il primo ad esserne contento».