Proprio per meglio rendere l’idea dell’atmosfera che aleggiava negli anni 20 – 30 nella Grande Mela, è stato scelto di portare lo spettacolo lontano dal palco, ma più vicino a quella realtà di un tempo, fatta di improvvisazioni e intrallazzi comici quanto volgari, tipica anche del vaudeville europeo, un po’ riprendendo anche la filosofia artistica, se mi si passa il termine, dei caffè chantat.
Il negozio del barbierie diviene così teatro del popolo, innesto fra un tessuto connettivo che cambia e si tramuta in una nuova realtà, dissimile per quanto uguale a quella natia.
Sulla scena del barber’s shop vomerese si sono susseguite canzoni e macchiette legate alla cultura italoametricana del tempo con Giovanna Giuliani alla voce, e con l’accompagnamento musicale di Massimiliano Sacchi al clarinetto e Giulio Fazio alla fisarmonica, in un mix di allegria e tradizione, velata dalla malinconia tipica di chi è costretto, volente o nolente, a lasciare la propria terra in cerca dell’agognata fortuna.
Uno spettacolo estremamente sensoriale, che riporta alla memoria una esperienza piuttosto comune per il popolo del Sud, costretto ieri come oggi a migrare verso altri lidi. Qui la musica si fa portavoce di speranze e amarezze, delusioni cocenti e menzogne, ma soprattutto di passione, quella vera, quella intensa, quella che contraddistingue l’animo dell’uomo che è per forza di cosa “bird of passage” e che, nonostante tutto, non dimentica le proprie radici e il proprio cuore.
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