Il tredicenne che subì abusi in gita da sette compagni di classe non riesce a seguire più le lezioni. Supportato dalla famiglia e da due psicologhe, il ragazzino di Posillipo prova ad entrare nella sua classe ogni giorno, da un mese a questa parte, salvo chiedere alla madre di andare a casa, in lacrime. Erano gli ultimi giorni di marzo quando la terza media dell’Istituto Cimarosa di Marechiaro trascorreva un weekend in Puglia. Una gita scolastica che presto si trasformò in incubo per uno degli alunni, vittima di un gioco molesto tra ragazzini, un atto di bullismo da cui non riesce ad affrancarsi. Per i piccoli aguzzini solo qualche giorno di espulsione, poi erano tornati in classe, subito dopo le vacanze di Pasqua.
Ci si chiede se la vittima continui ad essere bersaglio di illazioni e prese in giro, soprattutto per aver rivelato ai genitori i due giorni di abusi che aveva dovuto subire in Puglia. I familiari sono pronti a giurare che sia proprio questo il motivo per cui tornare in quella classe è ancora difficile per il ragazzino: i soprusi persisterebbero, seppur sotto forma di minacce e angherie verbali. Contrariamente, la preside spiega che l’intero corpo docenti si impegna affinché vi sia armonia tra aguzzini e vittima. Il tredicenne non riesce ad inserirsi in alcun contesto scolastico o sociale, chiede più volte di dormire dalla nonna per scappare dai suoi incubi. I genitori hanno così chiesto di separare i bulli in altre classi.
La dirigente scolastica spiega di averci già pensato subito dopo il drammatico episodio, ma “il nostro obiettivo era quello di tenerli tutti insieme in classe, volevamo risolvere il problema provando a ricostituire un’armonia di classe. Sparpagliarli, anche d’accordo con gli esperti che ci seguono, non ci sembrava la soluzione più giusta. Proviamo così, può darsi che, sapendo di non incontrarli più in classe, il ragazzo riesca finalmente a tornare tra i banchi”.