Ieri mattina è iniziata la demolizione del campo rom a Giugliano, ma i nomadi non si apprestano a lasciare la zona: sono ancora nei dintorni, accampati in auto o camper. I loro bambini sono nati e cresciuti in quel campo, frequentano le scuole della provincia, sebbene l’accampamento sia giudicato precario dal punto di vista igienico sanitario, ragione che ha spinto alla demolizione. Così, mentre in 200 potrebbero vivere in un villaggio dotato di 25 moduli abitativi disposti dal Comune di Giugliano, vi sono ancora 300 rom senza alternative alle auto o ai camper. Le ruspe hanno iniziato il loro lavoro ieri mattina, le condizioni del campo erano pessime: stipati tra cumuli di rifiuti, alcuni insediamenti abitativi erano invasi da ratti. Una volta ultimata la demolizione, sarà la volta della bonifica dei suoli e della costruzione di un muro che gli imprenditori hanno voluto a difesa della loro attività. Il presidente del Consorzio degli imprenditori giuglianesi, Angelo Punzi, spiega: “Non era più possibile far vivere delle persone in queste condizioni e per questo lo sgombero era necessario. Ora però bisogna investire e rilanciare”. Il campo rom demolito era situato a ridosso di alcune aziende.
I rapporti tra nomadi e cittadini del luogo non erano stati dei migliori, ma ieri non vi sono state scene di particolare subbuglio, anzi nessuno si è opposto all’inizio dei lavori. Lo sgombero della zona sarebbe dovuto avvenire il 30 marzo scorso, ma in quei giorni veniva organizzato il funerale di un bambino di una coppia che abitava nel campo. Sebbene il Comune di Giugliano abbia disposto il villaggio con i moduli abitativi, Opera Nomadi denuncia che in 300 sono ancora senza alcuna alternativa. In rappresentanza delle “ragioni di questa povera gente”, Padre Alex Zanotelli aveva anche tentato un colloquio con la prefettura.
I nomadi hanno traslocato a qualche chilometro di distanza accampati in alcune auto, lasciando le loro vecchie abitazioni senza chiedere il pasto offerto dal Comune di Giugliano.