Al CAM, il Casoria International Contemporany Art Museum, è di scena, fino al 24 aprile 2011, il Far West dei nostri giorni, parallelamente affiancato alla realtà cittadina e, in particolar modo, a quella dell’hinterland napoletano. Il Far West è la terra di nessuno, la terra abbandonata dalla legge, dove ognuno ha però la propria di legge e vive di duelli espressivi e corporei, dove un nonnulla è scaglio di pietra per l’inciviltà. La mostra Far West compie così un viaggio attraverso un universo ribaltato che è possibile ravvisare in molte parti del mondo, non solo e strettamente nelle zone campane; un viaggio che va ad abbracciare una soluzione continuativa simile anche al contesto sociale e politico italiano, dove la massima espressione del momento è rappresentata dalle escort che hanno in mano la sorte dei dirigenti politici del Paese, così esattamente come accadeva nel Far West, quello vero, quello dei bordelli e dei sottogonna di pizzo scadente, che oggi lasciano spazio alle minigonne e ai tacchi a spillo delle grandi griffes. La mostra, a cura di Antonio Manfredi, è un insieme di più opere realizzate da diversi maestri e lanciata da manifesti inneggianti alla pena di morte per i camorristi, partorita dal genio provocatorio di Sebastiano Deva, con l’intento di realizzare una vera e propria raccolta di firme per raggiungere l’obiettivo e trasformarlo in legge.
Completano lo scenario artistico le opere di Salvino Campos, Lello Lopez, Guida&Vargas, Alessandro Falco, Luciano Ferarra, Wine&Foto e la musica di Letti Sfatti e Patrizio Trampetti. Ma l’opera finale, realizzata da Peppe Esposito, è quella che più invita alla riflessione personale: una video installazione di indiani impennanti su contemporanei cavalli e di uno sceriffo che nel suo Far West ha trovato la propria identità, costruendosi un ranch in legno nell’aiuola del Parco Verde di Caivano in provincia di Napoli. Di fianco a questa installazione è stato posto uno specchio come simbolo di identificazione in uno dei soggetti, come monito per poter cambiare la situazione, come speranza che non si resti ancora invischiati nel fondo dell’illegalità.