Troppo pericoloso per la casa lavoro, così lo riportano in carcere: accade al boss Antonio Caiazzo, 52 anni, considerato capo clan del Vomero. Prestava servizio presso la casa lavoro di Sulmona dal 3 marzo scorso, dopo aver scontato una vecchia condanna per tutta una serie di reati legati al contesto camorristico. La permanenza presso uno dei posti definiti per delinquenti abituali è durata solo 23 giorni: con un’ordinanza di custodia cautelare, è definito troppo pericoloso per restare, quindi torna in cella. Un provvedimento restrittivo che tiene conto della pericolosità del boss e fa luce su aspetti e reati passati emersi soltanto oggi grazie ad un’inchiesta dell’Antimafia. La sentenza non è ancora definitiva, ma si è quasi certi di poter definire Antonio Caiazzo uno dei boss di punta del vomerese.
Tra i tragici reati che lo videro in prima linea, l’uccisione di Silvia Ruotolo, avvenuta nel giugno 1997 al Vomero. La donna, totalmente estranea agli ambienti camorristici, stava tornando a casa con il figlio appena prelevato dall’asilo quando fu coinvolta in una faida tra clan. I proiettili la raggiunsero mentre tornava a casa con il piccolo, nei pressi di una fermata del metrò che anni dopo ospitò una lapide commemorativa della vittima innocente. L’ultima volta che Caiazzo finì in carcere risale al 2009: latitante da due anni, fu scovato in Spagna, all’uscita di un ristorante italiano. Nonostante avesse preso l’abitudine di uscire sempre dalle porte secondarie dei luoghi pubblici che visitava da latitante, il criminale fu comunque preso in compagnia di un affiliato di un clan di Marano.
Una lunga escalation di furti e illegalità varie prima di salire ai vertici della camorra e gestire grandi numeri del giro che conta: traffico di sostanze stupefacenti ed estorsioni ai commercianti del vomerese, una figura sempre più centrale per il malaffare collinare. Insieme al coinvolgimento nell’omicidio della Ruotolo, Caiazzo è indissolubilmente e tristemente legato alla malavita del Vomero, troppo ingombrante e pericoloso perché iniziasse un reintegro sociale e uno sconto di pena affatto proporzionato ai reati commessi.
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