L’ appartamento che ospita la mensa della parrocchia di Sant’ Arcisio ai Ponti Rossi, fin dalle ore undici apre le sue porte alle prime presenze in fila, uomini e donne, giovani e anziani, italiani e stranieri, tossici e barboni, alcolisti e disperati. Tutti, seduti uno accanto all’altro, attendono pazientemente il pranzo.
Sorrisi, strette di mano, dignità e silenzio: questa la fotografia degli ospiti di padre Francesco Vitale, che ha preparato per i suoi ospiti ben quattro tavoli a forma di ferro di cavallo al piano terra di una palazzina fatiscente.
Trentacinque sono in totale i posti. Il pranzo si svolge secondo regole ben precise che vanno rispettate da tutti i commensali anche se, quando arriva il numero trentasei o il trentasette, non vengono mandati via a “mani vuote”. Claudio Maisto, quarantanovenne con una lunga militanza nella Caritas, è il responsabile della “tavola della solidarietà” e aspetta che ci siano tutti prima di dare il via alle cucine. Pasta al pomodoro e polpettone, contorno, frutta, dolci e pane fresco: questo il menù previsto per il giorno. Tutti i commensali dichiarano che si mangia bene in questa mensa e, infatti, c’è sempre il “pienone” e quando arrivano altre persone, superando il numero di posti disponibili, il pranzo viene consegnato loro in un sacchetto.
La prima colazione ed il pranzo vengono serviti sette giorni su sette, trecentosessantacinque giorni all’anno, niente vino se non in rarissime occasioni, ma su queste tavole c’è tanta voglia di far del bene. Solidarietà la parola chiave che riunisce e rinforza tutti i volontari che vanno avanti da anni, con impegno ed amore verso il prossimo. Ogni giorno un gruppo diverso di persone arriva per aiutare i responsabili nel loro compito ed ogni giorno si riesce ad infondere coraggio e speranza a chi ormai non ha piu’ nulla. I turni di lavoro sono due: il primo si svolge in cucina, il secondo è dedicato alla sala che viene pulita e messa in ordine. Gabriella Foglia, Annamaria Gasparini, Loredana Incoglia, Fabiola Visocchi, Francesca De Sanctis, Carmen Sorvillo, Rosaria Esposito sono solo alcune delle signore che, una o più volte alla settimana, da via Petrarca e da Posillipo, armate di sughi e contorni, si spostano ai Ponti Rossi per servire con orgoglio gli ospiti della mensa.
Annamaria Gasparini racconta che insieme alla signora Gabriella, la settimana scorsa, sono state preparate le tagliatelle alla bolognese e spezzatino con i piselli, mentre il dolce viene di consueto offerto da Carlo Gioffredi e dalla signora Forte, che sono bravissimi in cucina: infatti il plum cake fatto da loro va letteralmente a ruba. I commensali sono quasi sempre gli stessi, di età comprese tra i trenta e i novant’ anni: il più giovane è un tossicodipendente, il più anziano un fotografo in pensione ammalato di solitudine. Il responsabile, Claudio, racconta che alla mensa non arrivano solo tossici, barboni, alcolisti e disoccupati, ma anche anziani senza compagnia che, pur non avendo bisogno di un pasto, vengono qui solo per sentirsi meno soli. Tra i tavoli viene spesso a mangiare anche un poeta; si chiama Giovanni Quagliarella, scrive versi ed anche romanzi, una persona davvero splendida.
L’ associazione no profit “Col cuore disponibile” è attiva da oltre vent’ anni per cucinare ai poveri e i bisognosi della mensa ai Ponti Rossi e la sua coordinatrice, Loredana Incoglia, dichiara di aver cominciato da sola, ma pian piano il numero di volontari è cresciuto ed oggi sono tantissimi. La coordinatrice racconta che può capitare a chiunque di nascere in condizioni sfavorevoli o, per varie vicissitudini della vita, arrivare a divenire un disagiato e che chiunque, per fortuna, possiede di piu’, può di fatto aiutare chi ha veramente bisogno, mettendosi al servizio dei meno fortunati. I volontari cucinano, puliscono, portano indumenti a chi ne ha bisogno e, grazie all’ aiuto amorevole di avvocati, ingegneri, medici, professionisti, tutti uniti per un unico grandissimo obiettivo: aiutare il prossimo a vivere al meglio delle proprie possibilità. E grazie all’ affetto dei volontari, chi arriva si sente come “a casa”, una sensazione che solo “chi ha il cuore disponibile” è in grado di donare senza aspettarsi nulla in cambio.