Gli educatori presenti nella struttura, che di fatto avrebbero dovuto tutelare e formare i minori, oltre a picchiarli con pugni, schiaffi, spintoni e a ricorrere all’ uso della cintura come strumento di punizione, hanno attuato vere e proprie torture psicologiche sui ragazzi, mortificandoli continuamente chiamandoli con epiteti come : “porco” oppure “handicappato”. Situazioni limite che, in un caso in particolare, hanno portato alla violenza sessuale: la professoressa arrestata, infatti, nel novembre del 2008, durante una lezione presso la scuola media statale del Villaggio, fece stendere supini i due alunni sul pavimento, e, con l’uso della forza fisica si sedette su di loro simulando un rapporto sessuale.
Il procuratore Corrado Lembo, lascia emergere grazie alle testimonianze e l’ ascolto di numerosi bambini e adolescenti ospiti del convitto, uno spaccato molto triste e sconsolante in relazione alla gestione della struttura e al trattamento che gli educatori riservavano ai minori. I ragazzi vittime delle violenze hanno raccontato ad una psicologa il loro stato d’animo, esprimendosi con termini agghiaccianti come: “senso di soffocamento, ansia e sudorazione”; “atmosfera pesante e dura”; “sentirsi morire”; “episodio che mi ha fatto vergognare”; “mancanza di rispetto e di comprensione dei bisogni”.
I minori, secondo gli inquirenti, sono assolutamente attendibili nelle descrizioni e nelle ricostruzioni, e, raccontano di violenze e metodi che risultano essere ben lontani dal costituire una semplice educazione rigida. Il Gip Giuliana Taglialatela, unitamente ai pm Giovanni Cilenti e Ilaria Sasso del Verme, racconta di odiosi atti di maltrattamento volti alla sistematica sopraffazione e vessazione dei minori. Il giudice dichiara che i soggetti più obbedienti e remissivi, sono stati spesso oggetto di maltrattamenti da parte degli educatori che, invece, non hanno rivolto le loro attenzioni su tutti gli altri ragazzi più ribelli. L’ opinione pubblica campana spera che venga al piu’ presto fatta giustizia, in modo attuare un valido deterrente al ripetersi di simili episodi di disumana brutalità, soprattutto in strutture dove il minore dovrebbe essere aiutato, protetto e condotto pian piano verso la difficile fase della crescita, fase resa ancora piu’ critica dall’ assenza dei genitori.
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