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Categories: Cultura

584 antichi detti partenopei raccolti in un volume da Roberto D’Ajello


State cercando un libro diverso?Divertente, scorrevole che vi faccia ridere ogni volta che lo leggete?Abbiamo quello che fa per voi!
Non è un libro comico, né di barzellette, e l’autore pratica la più severa delle professioni, quella di magistrato, e cita opere di un avvocato. Può dirsi dunque legalmente garantito il libro in cui Roberto D’Ajello, procuratore della Repubblica, ha raccolto ben 584 Proverbia Prohibita, titolo latino convenientissimo per «584 antichi detti napoletani irripetibili e assai volgari», come recita il sottotitolo.
Nella premessa al volume, edito con la consueta eleganza da Grimaldi &C. Editori, l’autore dichiara di aver separato i proverbi dai modi di dire, traendo spunto dal Napoletanario di Renato de Falco ma senza seguire il lodevole insegnamento di omettere le espressioni decisamente volgari, perché in quel caso «il mio libro non avrebbe mai visto la luce!».

Il primo capitolo è dedicato a L’ammore, ovvero l’eterno ciclo della vita dall’atto del concepimento alla conclusione.
Ma è ovvio che il primo viene chiamato in tutt’altre maniere, e nel florilegio affatto delicato ritroviamo però etimi interessanti, come quello di «sciammèria» nome della marsina e degli abiti maschili da cerimonia derivato dalla «casaca chamberga» indossata dalle truppe del governatore della Catalogna, il generale francese Charles Schoenberg, traslato nel linguaggio della prostituzione perché in abiti così si pavoneggiavano gli sfruttatori. L’autore si getta con autorevolezza nella non facile tenzone delle ironie: «l’astinenza è ottima cosa purché praticata con moderazione», lo «scartellato» definito «amatore diversamente… agile»

Nella sequenza di capitoli relativi all’intero corpo umano e alla sua fisiologia, l’allegra coprolalia e l’arguta volgarità dei proverbi, delle citazioni, e dei commenti dell’autore sono destinati a sconfiggere ogni critica di qualsiasi «zito cuntignoso» (ce ne sono ancora tanti!).
Ma Roberto D’Ajello, da uomo di legge, prende in tempo le sue contromisure: «dal momento che ho accettato la committenza dell’editore di inondarvi di sconcezze sia pure colte… se a qualcuno il minestrone dovesse risultare indigesto, consiglio di non leggere una parola in più e una alternativa gliela offro: precipitarsi a chiedere rimborso all’editore, oppure regalare il libro a una persona che si ha sullo stomaco».

Elisa Pibiri

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