Eleonora Pimentel Fonseca nacque a Roma il 13 gennaio 1752 dai portoghesi Clemente e Caterina Lopez. Nel 1760, si recò con la sua famiglia, a Napoli. Ragazza di grandi doti intellettuali, di vasta cultura e modi gentili.
A sedici anni conosceva già varie lingue, fra cui quella latina e quella greca, e componeva versi latini e italiani.
La Pimentel fece parte di diverse accademie, fra le quali quella dei Filateti e dell’Arcadia. Un ammiratore della sua poesia fu Pietro Metastasio che nell’ottobre del 1770 scrisse un’appassionata lettera di lodi e d’incoraggiamento alla giovane poetessa.
A venticinque anni, Eleonora Pimentel Fonsecasposò un ufficiale dell’esercito napoletano, Pasquale Tria de Solis dal quale ebbe un figlio che morì due anni dopo. Riversò il suo dispiacere in cinque sonetti, intensi e commoventi.
La sventurata donna dice che, spesso, mentre essa piange, vede apparire all’improvviso il suo bimbo. Allora a lei pare di tenerlo ancora vivo, vicino a sé. Ma ben presto l’illusione svanisce, determinando un nuovo e disperato dolore.
La Pimentel scrisse successivamente un libro di carattere finanziario, e tradusse dal latino e commentò la classica dissertazione storico-legale di Nicolò Caravita: ” Niun diritto compete al Sommo Pontefice sul Regno di Napoli”.
Data la sua predilezione per gli studi di economia e di diritto pubblico, approfondì soprattutto le opere di Gaetano Filangieri, di Mario Pagano, di Giuseppe Maria Galanti e di Giuseppe Palmieri.
Accettò con entusiasmo le idee della rivoluzione francese e cambiò idea riguardo i sovrani di Napoli.
Celebrò con enfatici versi il matrimonio dei reali e la nascita dei loro eredi, tale devozione alla corte finì con l’essere premiata; il re, avendo saputo che questa poetessa era separata dal marito e viveva in ristrettezze economiche, le fece assegnare un sussidio mensile.
In seguito però alla rivoluzione i regnanti credettero opportuno di mutare politica, arrestando il movimento delle riforme e battendo la via della reazione. Allora la Pimentel passò all’opposizione diventando una fervente giacobina.
Fu arrestata nel 1798 e condotta nella prigione della Vicaria. Fu liberata verso la metà di gennaio del 1799 da allora si buttò anima e corpo nella politica, avendo il dono dell’eloquenza e partecipò varie volte ai dibattiti nella “Sala d’istruzione pubblica” parlando sempre di libertà.
Ma la gloria della Pimentel Fonseca è legata alla creazione del suo famoso giornale : il ” Monitore napoletano “, che si pubblicava due volte alla settimana, il martedì e il sabato. Complessivamente uscirono, dal 2 febbraio all’ 8 giugno, trentacinque numeri e in ogni numero la Pimentel dimostrò di essere una grande giornalista.
Negli ultimi numeri del Monitore, la Pimentel finì col rivelare il suo ardente desiderio di realizzare l’unità della Nazione con ” la potenza del braccio” della gioventù italiana. La regina Maria Carolina seguì attentamente il Monitore napoletano facendosi prestare i numeri da lady Hamilton. Caduta la Repubblica, la Pimentel venne arrestata.
Il 17 agosto la giunta di Stato la condannò a morte mediante impiccagione.
L’esecuzione ebbe luogo il 20 agosto in quel giorno furono giustiziati otto condannati politici la sua salma fu sepolta nella chiesa di S. Maria di Costantinopoli.
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