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Categories: News

Pozzuoli- il mercato ittico di Via Fasano: di male in peggio

Natale, Capodanno, Epifania: le feste che dovevano portare ossigeno ai pescivendoli al dettaglio di Pozzuoli non hanno risposto alle aspettative. E’ dal 2004, da quando fu rimosso dalla megastruttura di cemento, che il mercato ittico di Via Fasano registra un declino inarrestabile.

La denuncia degli operatori ittici è forte e chiara: “da quando ci hanno spostato, il mercato non va piu’ bene perchè siamo all’aperto e gli amministratori pensano solo ai fatti loro“. La lingua batte dove il dente duole e la maggioranza dei cittadini si lamenta, a ragione, di chi dovrebbe pensare a risolvere i loro problemi invece di andare a braccetto con i soliti noti che hanno messo e mettono le mani sulla città. ” Il mercato deve stare vicino al mare. Prima stavamo al coperto e avevamo il parcheggio per le auto. Oggi, invece, stiamo allo scoperto e non abbiamo nemmeno il parcheggio“.

In queste poche parole c’è il vero problema dei pescivendoli puteolani “ghettizzati” in poco meno di sessanta gazebo e con le griglie sull’asfalto per far defluire l’acqua. “Vogliamo tornare alla struttura che avevamo prima e, se questo non è possibile, chi stà al comune deve ascoltarci, deve darci una struttura adeguata al centro di Pozzuoli“. Ma la risposta di chi stà al comune sembra ancora piu’ penalizzante: Circola la voce che vogliono sfrattarli addirittura alla “Schiana”, a sei chilometri di distanza.

Il progetto Waterfront che dovebbe riqualificare la costa di Pozzuoli, esige il sacrificio della principale e tradizionale attività del capoluogo flegreo: la vendita del pescato. Gli operatori del mercato ittico di Via Fasano chiedono di continuare a vivere onestamente seguendo una radicata tradizione di famiglia. “Vogliamo che la struttura di Via Fasano ritorni a norma“. a questa richiesta si risponde di lasciar perdere perchè non bisogna mai disturbare i manovratori, altrimenti si rischia di morire.

Dario Aloja

Nato a Napoli, nel 1982, nel quartiere "Arenella", a metà strada tra il centro storico e la moderna zona collinare, Dario Aloja vive, da subito, le forti contraddizioni di una città divisa tra le nostalgie di un passato di capitale europea e un presente di metropoli labirintica, che ingoia sogni e speranze delle nuove generazioni. Come tanti giovani del terzo millennio, Dario avverte l'abisso che divide l'odierno modello capitalistico, che mondializza i totem tecnologici di una società alienante e disumanizzante, e le ragioni del cuore, il bisogno di gridare al mondo le esperienze del proprio vissuto, le emozioni dell'incontro con "l'altra metà del cielo". E questo magma incandescente di pulsioni, stati d'animo, sentimenti, affiora in superficie, diventa sfogo lirico, si fa "Pelle Libera".

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