Il principe di Sansevero , Raimondo di Sangro nasce a Torremaggiore, in provincia di Foggia, il 30 gennaio del 1710 da una famiglia che si vanta di discendere addirittura da Carlo Magno, la madre Cecilia muore dopo solo un anno dalla sua nascita ed il padre lo abbandona poco dopo decidendo di chiudersi in convento. Raimondo viene dunque educato dai nonni e successivamente viene mandato in un collegio dei Gesuiti a Roma, dove pur mostrando un non indifferente acume, si fa notare per l’indisciplina.
A soli vent’anni Raimondo, già insignito del titolo di Principe di Sansevero , rimette piede nel palazzo dei suoi avi, a Napoli.
Di questo palazzo si narravano fatti sopranaturali molto sinistri, si diceva che le mura grondassero sangue, nel 1590, l’allora proprietario, aveva ucciso la moglie e il suo amante, esponendo poi dal balcone i corpi mutilati.
Già dopo pochi anni dopo il suo arrivo a Napoli il Principe di Sangro fa parlare di sé: a quanto pare coltiva tutta una serie di strane attività all’interno dei laboratori del suo palazzo, inoltre nella notte fonda v’è un inconsueto viavai di curiosi personaggi anima piazza San Domenico. Gli occasionali passanti testimoniarono d’aver sentito rumori ed odori inquietanti ed insoliti provenire dall’interno dell’abitazione.
Secondo il folklore il principe di San Severo produceva delle singolari e macabre invenzioni, tra queste v’era Il “lume eterno” è una fiamma che arde consumando piccolissime quantità di materiale.
Probabilmente si tratta di un composto chimico a base di fosfato di calcio e di fosforo ad alta concentrazione, però per la popolazione veniva fabbricato tritando le ossa di un teschio umano.
Per il Re Carlo III di Borbone inventa un mantello di tessuto impermeabile: una novità assoluta per l’epoca. In campo militare realizza invece un fucile a retrocarica anticipando la tecnologia di 50 anni. Infine stupisce tutta Napoli attraversando con una speciale carrozza galleggiante il golfo da un capo all’altro.
All’interno della cappella di famiglia di Sangro però abbiamo le opere che lo resero celebre: questa cappella fu restaurata con il contributo dei migliori scultori dell’epoca.
Tutti i particolari sono di ottima fattura ma tre sculture sono davvero particolari e tutt’ora scatenano polemiche fra gli studiosi.
Al centro della Cappella si trova un Cristo nell’atto della resurrezione, interamente avvolto di un velo di marmo. Le fattezze del Cristo si intravedono da sotto il sudario con un effetto molto suggestivo.
E’ proprio come se la statua sia stata prima scolpita e poi successivamente ricoperta da un velo. Anch’esso però di marmo.
Le altre due sculture sono le statue della Pudicizia e del Disinganno: la prima rappresenta una donna nuda vestita da un velo finissimo.
Nella statua raffigurante il Disinganno invece vediamo un uomo che si libera dalla rete che lo imprigiona con l’aiuto di un angelo. Al posto del velo abbiamo una rete realizzata nei minimi dettagli.
In base ad alcune teorie queste statue sarebbero rappresentazioni dei classici elementi della fede cattolica come i vizi e le virtù cristiane, secondo altri il principe era un affiliato della Massoneria e molti studiosi sostengono che la sua cappella fosse in realtà un tempio adibito ai riti massonici. Il cristo velato, il Disinganno la Pudicizia: tutte allegorie che potrebbero avere un comune significato: l’uomo che, con l’aiuto della ragione, squarcia il velo delle false verità.
Secondo la leggenda invece un sadico Raimondo avrebbe iniettato nelle vene di due servitori ancora vivi un misterioso coagulante che ne avrebbe “metallizzato” il sangue. Un’altra leggenda invece parla di due corpi, già cadaveri, acquistati proprio da Salerno, in cui il principe iniettò, nel 1739, una soluzione alchemica.
Secondo un’altra teoria, una delle statue sarebbe quella del principe stesso, avvelenato prima da una servente poi finito dal complice Giuseppe Salerno (un medico) con un’iniezione di mercurio.
Salerno avrebbe anche ucciso allo stesso modo la servente per fare sparire ogni testimonianza.