Frugando fra i miti napoletani incontriamo anche le streghe, ebbene sì una versione napoletana della megera: la janara.
Tale parola potrebbe derivare da Dianara, cioè sacerdotessa di Diana per cui le streghe sarebbero state seguaci di tale divinità. Oppure deriverebbe dal latino ianua, “porta” vedremo perché.
Nell’immaginario popolare, la strega, è una donna vecchia che vaga nottetempo, soprattutto nei freddi e lunghi mesi invernali, maledetta dal Signore, che potrebbe essere perciò considerata anche come la versione femminile del lupo mannaro.
La visita notturna della janara era pericolosa soprattutto per le famiglie con bambini, in quanto essa era responsabile di malformazioni e di malattie essenzialmente a loro danno, s’introduceva inoltre nelle stalle a rubare asini o cavalli riportandoli, al sorgere del sole, sfiancati e con le criniere intrecciate all’inverosimile.
Secondo una credenza antica, se una famiglia sospettava di essere visitata di notte da una janara poteva scoprirla apostrofandola durante la notte con la frase magica: “Janà vie’ pe’ sale” (ossia “Janara vieni per sale”)
Al mattino, irresistibilmente, la donna che di notte era la janara si sarebbe presentata per chiedere il sale.
Un altro per scoprirla stava nel fatto di dover mettere una scopa dietro la porta, ogni Janara infatti era costretta, per antica condanna, a contare le setole della scopa prima di oltrepassare la soglia (ecco perché il termine latino) ed era assai improbabile, se non impossibile, che vi riuscisse prima dello spuntar del sole, quando era irrimediabilmente costretta a ritornare negli Inferi.
Oppure la si doveva mettere dietro la porta della Chiesa durante la Messa della notte di Natale. Al termine della funzione, mentre tutti potevano liberamente tornarsene a casa, la janara restava intrappolata a contare i fili della scopa.
Secondo una leggenda un viandante ebbe la sfortuna di assistere ad un sabbah ed una volta giunto a casa raccontò alla moglie tutto ciò che aveva visto: «C’erano donne che calpestavano la croce altre che con alcuni uomini si dedicavano alle orge più sfrenate e altre ancora che si cospargevano di sangue. In mezzo a tutto ciò ho visto un cane orrendo che siedeva su un trono …». La mattina dopo quell’uomo fu trovato ucciso.
Era possibile riconoscere la janara anche durante il giorno in quanto si trattava di una persona solitaria e tante volte anche nella vita personale di tutti i giorni, aveva un carattere aggressivo e acido. Per poterla acciuffare, bisognava immergersi completamente in una botte piena d’acqua per poi afferrarla per i capelli che erano il suo punto debole.
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